PHOTO
A Milano, ma anche a Torino, a Roma, a Napoli. Nelle grandi aree metropolitane d’Italia presentare una richiesta di asilo è diventato pressoché impossibile. Dalle code davanti alle questure si è passati alla difficoltà della procedura online. La denuncia per il capoluogo lombardo arriva dalle associazioni Naga, Asgi, Todo Cambia, Rete Milano, Cambio Passo e Mutuo Soccorso che da mesi lamentano i problemi che incontrano i migranti.
Le organizzazioni sostengono che “l’attivazione, lo scorso 5 aprile, della nuova procedura web per la richiesta di protezione internazionale ha risolto il problema del trattamento degradante riservato alle persone in fila per accedere agli uffici decentrati del ministero dell’Interno e del ‘decoro’ del quartiere”.
Peccato però che prendere appuntamento attraverso il portale Prenotafacile risulti inaccessibile, a parte una brevissima finestra di una manciata di minuti alle 9 del mattino. Solo due categorie sono tutelate, perché possono presentarsi direttamente agli sportelli delle associazioni che hanno dato la disponibilità: chi è privo di documenti d'identificazione e chi è considerato fragile perché d’età superiore ai 60 anni o in stato di gravidanza.
Per tutti gli altri la richiesta di asilo è una lotteria quotidiana. Senza contare che restano fuori dalle procedure agevolate anche soggetti che per legge sono portatori di esigenze particolari, come i minori e i relativi nuclei familiari, i portatori di disabilità, le vittime di tratta o di violenza.
“Una situazione che abbiamo più volte denunciato in relazione alla vertenza che ha coinvolto i somministrati delle questure e delle prefetture – ricorda Davide Franceschini, segretario nazionale del Nidil Cgil, la categoria sindacale che tutela i lavoratori atipici -. Si tratta di precari che hanno prestato la propria opera nel settore dei permessi di soggiorno e hanno assicurato un servizio essenziale e necessario alla collettività, riservato a persone che arrivano nel nostro Paese in condizioni di fragilità: il 31 dicembre scorso i loro contratti non sono stati rinnovati. È per questo che il servizio si è arenato, se non proprio bloccato, soprattutto negli uffici del Ministero delle grandi aree metropolitane”.
Secondo il sindacalista le difficoltà denunciate dalle associazioni sono la somma di diversi fattori: alle pratiche di emersione arretrate, il cui iter si è fermato con l’uscita del personale, si sono sommati il lavoro ordinario e quello del decreto flussi. “Di conseguenza, tutto il servizio si è inchiodato – afferma Franceschini -. Dopo le nostre proteste è stato fatto un nuovo avviso di gara, le agenzie per il lavoro hanno presentato le offerte, tra non molto dovrebbe arrivare l’assegnazione del bando per il quale saranno impiegate circa 1200 persone. Diciamo che prima di giugno le attività non riprenderanno”.
Anche senza la cosiddetta clausola sociale, con molta probabilità e per motivi di opportunità verranno assunti gli stessi professionisti che negli ultimi due anni si sono occupati del servizio, ma il problema resta, per i lavoratori come per i migranti, cioè l’utenza: i contratti saranno di sei mesi, prorogabili per altri sei. E dopo, che cosa succederà?
“Se gli operatori della questura preposti al trattamento delle pratiche per la domanda di asilo non aumentano, la quantità totale delle richieste di registrazione non può variare e quindi il diritto di richiedere protezione internazionale non può essere garantito – avvertono le associazioni milanesi -. Senza provvedimenti strutturali il numero degli esclusi rimane lo stesso. Unica differenza rispetto a prima: non è più visibile a tutti, ma confinato all’invisibilità della procedura on line, con il rischio che aumentino il livelli di discrezionalità del procedimento”.