Viareggio, 1993. Nella serata conclusiva della decima edizione di Europa Cinema veniva presentato in anteprima Il Tiranno Banderas di José Luis García Sánchez, l’ultimo film da protagonista per Gian Maria Volonté. Era lui il mio obiettivo personale di quella trasferta di lavoro, benché dovessi fotografare anche altre personalità del cinema italiano. Grande interprete dei personaggi nati dalla penna di Leonardo Sciascia e portati sul grande schermo (A ciascuno il suo, Todo modo, Porte aperte), Volonté non solamente rappresentava per me, e rappresenta tuttora, l’attore che ha fatto della propria arte lo strumento dell’impegno politico, ma mi era rimasta impressa di lui l’immagine del medico alchimista Zenone, interpretato nel film L’opera al nero, tratto dal romanzo di Marguerite Yourcenar: il suo volto intenso incorniciato dai capelli già completamente bianchi, l’espressività che era la summa del suo temperamento e del personaggio da lui interpretato.
Lo attesi in un villino liberty dove stavano per raccogliersi i membri della giuria del festival, della quale Volonté faceva parte. Anche l’ambientazione si fece complice dell’emozione che provavo all’idea di incontrare questo grande attore, il mare in un autunno già inoltrato, quasi privo di ombre.
Quando arrivò, non esitò ad accettare la mia richiesta di posare, ma mi chiese di attendere il momento in cui avrebbe terminato. Aspettai di buon grado allestendo un fondale all’interno di una torretta del villino e quando si presentò rimasi colpito dallo sguardo e dai modi gentili, oltre che dalla sua totale disponibilità. Per lui, magari, poteva essere routine, per me un’occasione unica che non riguardava solamente la mia professione, o forse, a posteriori, potrei dire tristemente unica perché solamente un anno dopo Gian Maria Volonté sarebbe prematuramente scomparso.
Feci una serie di ritratti, ma questo è quello che amo di più, perché mi pare colga l’essenza e l’intensità di un grande attore e di un grande uomo.