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Mancano un paio di settimane alla riapertura delle scuole e anche quest’anno si riparte con le solite in-certezze, dai precari che non sanno dove e quando verranno collocati (né per quanto), agli oltre 500 nuovi dirigenti scolastici perduti tra i meandri di assunzioni a rischio, mentre i costi di testi e quaderni aumentano di oltre il 12%, e dentro le stanze del ministero dell’Istruzione e del Merito si discute di aria più o meno condizionata, in particolare in Sicilia, dove l’inizio dell’anno scolastico è previsto per il 12 di settembre e il caldo non mollerà la sua presa, con soltanto il 6% degli istituti dotati di un adeguato sistema di ventilazione.
Ed è proprio dalla Sicilia che arriva questo libro, per l’esattezza dalla periferia di Palermo, tra i quartieri Sperone e Brancaccio, tristemente noti per la loro attività di spaccio gestita dalla presenza mafiosa, che proprio in queste strade uccise padre Pino Puglisi nel settembre del 1993.
Qui però c’è anche l’Istituto comprensivo Sperone-Pertini, protagonista con i suoi alunni e alunne di Domani c’è scuola (Mondadori, pp. 130, euro 17) scritto da Antonella Di Bartolo, dirigente scolastica che nel 2013, fresca vincitrice di concorso, sceglie proprio questa scuola per iniziare un lavoro immane non ancora concluso, ma che in questi anni di attività ha trasformato edifici pubblici abbandonati alla criminalità e ai topi in punto di riferimento per un’intera comunità composta di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, genitori e famiglie, corpo docente, personale amministrativo e Ata. Con la preside Di Bartolo a guidare una rinascita impensabile soltanto poco tempo fa.
La scuola
La troviamo al suo posto, nell’ufficio di presidenza, di martedì 27 agosto, sfatando la leggenda dei tre mesi di vacanza per chi lavora nella scuola, intenta a preparare al meglio l’anno che verrà. Distesa, sorridente. Contenta di essere ancora qui, ancora una volta qui, pronta a iniziare il suo dodicesimo anno da dirigente scolastica di questo istituto. “Questa è la realtà, la realtà di cui non parla quasi nessuno – ci dice – Perché o si parla della scuola perfetta, quella ‘da manuale’, o si fanno discorsi sulla scuola da parte di chi la scuola l’ha lasciata da giovane, dopo il diploma, trenta-quarant’anni fa, senza più metterci piede. E queste storie, queste strade, non le conoscono”.
La storia
Nel libro si racconta l’esperienza di una donna che non solo, ma in particolare insieme ad altre donne (vicepreside, insegnanti, collaboratrici scolastiche), decide di affrontare una situazione molto complessa per vari motivi (nel giorno dell’incarico il responsabile dell’Ufficio scolastico regionale le porge le sue “condoglianze”) per far rivivere i plessi scolastici partendo dall’infanzia, così da dare opportunità alle famiglie, alle mamme soprattutto, di trovare opportunità diverse, di uscire da un destino segnato, di iscriversi il pomeriggio per ottenere la licenzia media, così da offrire un altro futuro anche ai propri figli, in una zona in cui il tasso di dispersione scolastica ancora oggi supera il 25% .
“Ho insegnato per 17 anni in altri contesti, con passione e divertimento, una materia che ho sempre amato, la lingua e la letteratura inglese – racconta la preside – Poi ho sentito che era arrivato il momento di dedicarmi ad altro, e di farlo in un determinato contesto territoriale. Perché nella loro realtà questi quartieri, queste strade non vengono mostrate se non nelle serie tv, nei film dedicati a capi, capetti, boss e leader negativi. E la versione che ne hai è distorta, spettacolarizzata: la mitizzazione del male, e la decostruzione di quello che invece si cerca di fare ogni giorno, rappresentandone una parte e non l’orrore profondo, né il danno in termini di mancato sviluppo, prepotenze, offese, e del danno generazionale così compiuto, che va a sollecitare punti di riferimento negativi, suscitando un’enorme attrattività. Mentre i nostri studenti non fanno altro che chiederci altri ideali a cui tendere”.
La scrittura
Da qui una scrittura che riesce a restituire la realtà e il lavoro fatto in questi anni, un lavoro che ha messo in moto un circuito virtuoso, recuperando strutture ed edifici pubblici destinati all’istruzione, in un luogo in cui lo Stato stroppo spesso continua a mancare: “Ho pensato di scrivere attraverso una narrazione diversa, più aderente a quello che accade veramente, che dia valore a docenti, assistenti amministrativi, collaboratori scolastici, persone presenti tutti i giorni, laddove la presenza dei rappresentanti istituzionali è occasionale. Vengono a fare una visita in auto blu, e in auto blu se ne vanno”.
Nel corso della stesura la preside si è anche chiesta: perché sto scrivendo? “Sì, il dubbio c’è stato. Poi ti arrivano dei riscontri, come quello di una dirigente scolastica di Gela che incontrerò domani, e mi convinco che sia utile una sorta di contro-narrazione, risalendo la corrente come salmoni, perché di solito quello che non si legge nei giornali o non si vede nelle tv è cosa viene fatto davvero. Quando ogni tre mesi ci sono le retate allo Sperone mi chiamano, mi chiedono ‘Preside, lei che ne pensa?’. E lì accuso il colpo, perché sono domande che può fare solo chi non calpesta le strade ogni giorno, chi non frequenta un territorio non presidiato dallo Stato ma dall’Antistato. E allora mi sono convinta che la realtà delle cose andava raccontata”.
Nuovi eroi
Tra le pagine scorrono tanti nomi, inevitabili quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, figure divenute iconiche, utilizzate per insegnare determinati valori, l’abnegazione eroica alla propria missione. Ma per Antonella Di Bartolo anche qui c’è da scavare per bene: “Si, perché anche questa è una cosa molto rassicurante, il parlare di eroi morti, le belle statuine nella vetrina di casa. Ma per noi gli eroi di ogni giorno, gli eroi vivi, che ti mettono davanti alla verità, a quello che non sai, nella scuola sono i bambini e le bambine che resistono a tutto ciò che li circonda, che provano disperatamente a immaginare il loro futuro”.
Le istituzioni
Il libro sta suscitando interesse, il passaparola funziona, lo leggono in molti, anche se da un punto di vista istituzionale sembra non aver avuto l’accoglienza che si poteva attendere. “Non credo che questo libro sia arrivato da qualche parte, nelle stanze di Viale Trastevere. O almeno, dal ministero non è arrivato nulla. Sia chiaro: non ci aspettiamo niente, sarebbe bastato un messaggio… Però sono contenta della primissima presentazione organizzata a Palermo nel maggio scorso al Teatro Santa Cecilia, con il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Giuseppe Pierro che ha iniziato il suo intervento chiedendo scusa per non esserci stati, per non esserci stati prima. Dalla platea è scattato un lunghissimo applauso”.
Un nuovo anno scolastico sta per iniziare, la dirigente scolastica è già al lavoro, oltre l’ordinaria amministrazione. Ci sono nuove idee, bisogna dare corpo a nuovi progetti: “A proposito di politica scolastica, nei giorni che precedono il suono della campanella mi viene sempre da pensare come possa dare il meglio di sé un preside reggente, diviso in due scuole, spesso tra comuni differenti. Poi però sentiamo parlare della scuola ‘al centro'. Bastano piccole osservazioni come queste per capire che non è così”.
Tra le varie iniziative in programma un grande progetto di quartiere, dal titolo provocatorio: “Le Rosalie ribelli”. Partirà a metà ottobre, e “Santa Rosalia diventerà un simbolo di ribellione a Palermo, con le nostre ragazze vere protagoniste, anche grazie alla continuità ormai quinquennale della sperimentazione didattica docenti-educatori, presenti insieme in classe per offrire un servizio migliore, mescolando qualità e creatività. Iniziamo come sempre: contenti di esserci, e convinti di esserci. Questo è il nostro benvenuto a bambini e bambine, e alle loro famiglie”.
Buona fortuna.