Che i funerali di Giovanni Paolo II, nel 2005, fossero un evento da ricordare era prevedibile dall’appeal mediatico che aveva avuto il pontificato del papa polacco, dalle personalità politiche presenti e dalla folla accorsa da tutto il mondo in piazza San Pietro già dal momento in cui si capì che Karol Wojtyla era prossimo alla dipartita, ma a rendere visivamente eccezionale il momento delle esequie fu un vento che si fece scenografo.
Mi trovavo dalle prime ore dell’alba sul Braccio di Carlo Magno, alla sinistra di San Pietro, e da lì la visuale non risparmiava nemmeno un punto di tutta la piazza, la posizione adatta per il mio teleobiettivo che mi consentiva di cogliere i dettagli seppure in un grande spazio. L’intero corpo cardinalizio, quello che celava in sé il futuro papa ed esponeva i suoi elettori, faceva il suo ingresso nel proscenio quando si alzò un potente vento freddo e le cappe cardinalizie presero a sventolare colorando di porpora l’intero sagrato.
Il mio occhio era già da qualche tempo sul cardinale che una parte del mondo cattolico, ma anche laico, avrebbe voluto vedere papa, Carlo Maria Martini. Una figura che si distingueva anche in quella particolare circostanza, come si era distinta nel suo operato da arcivescovo di Milano per le posizioni assunte in momenti cruciali della storia del nostro Paese, per essere stato l’antesignano del dialogo interreligioso e, non ultimo, per essersi poi espresso, già alla fine degli anni Novanta, sul tema della globalizzazione lanciando l’allarme sullo “spazio di potere economico e soprattutto finanziario sganciato dagli Stati, al di fuori di ogni controllo” che si stava aprendo.
Catturai una serie di immagini, sperando professionalmente che mi sarebbero servite in futuro, ma nel profondo umanamente affascinato dalla personalità di Carlo Maria Martini.