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Chiariamoci subito: non sono un sostenitore della schwa, che non ho mai utilizzato, come non ho mai usato asterischi in nessun tipo di scrittura. Credo infatti che, al di là delle motivazioni di genere, la lingua italiana sia talmente ricca, oltre che bella, da poter offrire varie soluzioni grammaticali per poter dire quello che si vuole a chi si vuole.
Detto questo, quasi quasi invidio il nostro prolifico ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che trova tempo da dedicare anche a certe amenità laddove la scuola italiana, malgrado le sia stato tolto lo status di pubblica nel nome del merito, avrebbe bisogno di ben altri tipi di interventi istituzionali. Evidentemente la messa a punto delle nuove indicazioni nazionali, rese note da qualche giorno e in vigore dal prossimo anno scolastico, non hanno soddisfatto del tutto il prurito ideologico che di tanto in tanto sembra colpire il ministro, sempre pronto nel ribadire la sua appartenenza politica ogni qualvolta se ne presenti l’occasione.
Perché anche stavolta di questo si tratta, di soddisfare le richieste di una parte, quella parte che dall’elezione di Donald Trump in poi sta trovando sponde e spazio a sufficienza per mettere finalmente i puntini sulle “i”, e attaccare tutto ciò che si muove dentro o soltanto attorno alla cosiddetta cultura “woke”, nuovo obiettivo da colpire e affondare nel nome di un patriottismo maschio e becero, come d’altronde tradizione vuole.
Guarda caso, il provvedimento arriva infatti a poche settimane dalla dichiarata intenzione da parte del presidente americano di “distruggere il ministero dell’Istruzione statunitense”, attraverso licenziamenti in massa di personale inquadrato nella scuola pubblica, revisione dei programmi, azzeramento della quasi totalità dei finanziamenti dedicati al mondo dell’istruzione. A tutto questo Trump ha poi aggiunto la lista dei vocaboli da eliminare dal linguaggio amministrativo e burocratico, dietro suggerimento del solito Elon Musk, sempre più divertito e a suo agio nel ruolo di burattinaio, sempre meno occulto.
A questa corsa tutta italiana nello scimmiottare le azioni del nuovo-vecchio padrone, Valditara si iscrive cercando di raggiungere la coppia che scoppia Meloni-Salvini, impegnatissima nelle sue fughe in avanti per compiacere l’alleato, se ancora alleato può considerarsi. D’altra parte, ad aprire la strada verso il revisionismo linguistico ci aveva pensato la stessa Meloni sin dalle prime dichiarazioni ufficiali da presidente del Consiglio, quando aveva subito specificato che, per riferirsi a lei, tutti avrebbero dovuto adeguarsi a utilizzare “il”, codificando l’incarico, e non il sesso.
Eppure, in questi anni di insegnamento, compresi gli ultimi, posso garantire e certificare di non aver mai ricevuto alcuna circolare scolastica, né norma ministeriale, nelle quali si ricorresse a una scrittura declinata attraverso una schwa o qualche asterisco; i plurali sono sempre stati rivolti al maschile, al massimo con l’accompagnamento della sua versione femminile. Niente di più.
Viene naturale chiedersi dunque come mai tanta solerzia, tutta questa abnegazione, mentre in troppe scuole pubbliche italiane, specialmente del Sud, ci si confronta ogni mattina dentro le quattro mura di un’aula senza pensare agli asterischi, piuttosto interrogandosi su quando quelle quattro mura verranno ridipinte, o risistemate, insieme alle porte dei bagni che spesso mancano di carta igienica, o della fotocopiatrice che non fotocopia, delle mense che offrono sempre meno ma che si pagano sempre di più, delle palestre inagibili per una manutenzione che può durare settimane, mesi, anni.
Consigliamo al ministro, con tutta umiltà, un libro scritto da Vinicio Ongini, per due decenni responsabile dell’ufficio integrazione scolastica del dicastero, e per due decenni tenuto ai margini: il titolo è “Grammatica dell’integrazione”, e da Aosta a Palermo si sofferma soprattutto sulle condizioni strutturali dei nostri istituti scolastici, in molti casi inadatti ad accogliere minorenni nelle condizioni dovute. Il tutto scritto senza schwa, e senza asterischi.