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Nella sua storica sede romana in via di Villa Sacchetti, il seminario organizzato il 25 novembre dall’editore Laterza sul tema della scuola prende spunto da due volumi, La scuola bloccata (2022) di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, e Alfabeto della scuola democratica (2024), curato da Christian Raimo, protagonista del provvedimento recentemente emesso nei suoi confronti da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale, dopo le dichiarazioni ritenute “offensive” nei confronti del ministro Giuseppe Valditara.
La solidarietà a Raimo
“Ma l’incontro non è l’occasione per tornare sull’argomento, o rinnovare la solidarietà a Raimo”, chiarisce subito Alessandro Laterza, che apre la discussione facendo gli onori di casa. Anche se, aggiunge, “oltre alla decisione di sospendere Raimo per tre mesi dall’insegnamento è la sanzione amministrativa a lasciare perplessi, come se qualunque parola espressa possa diventare oggetto di qualche reazione punitiva. E questo non è un bel clima”.
I rischi della scuola neoliberista
Coordinati da Gianna Fregonara, responsabile dei contenuti scolastici del “Corriere della Sera”, l’intervento di Andrea Gavosto introduce la discussione partendo dal suo libro, virando quasi subito sui temi proposti dal volume di Raimo, secondo Gavosto concentrato forse in maniera eccessiva sui “rischi di una scuola neoliberista, che però non aiutano a comprendere i veri problemi di studenti e docenti”. Ecco il motivo per cui nel libro “manca un filo conduttore che tenga insieme il tutto, una chiave di lettura”.
Fallimento generale
Evitando di commentare altre recenti pubblicazioni, come quella di Ernesto Galli Della Loggia “per non sparare sulla Croce Rossa”, il grido d’allarme, un grido dal cuore, sulla scuola che non funziona, al centro dei vari interventi contenuti, per Gavosto rappresenta la fotografia forse distorta di un fallimento generale, da cui la domanda sul motivo di tale posizione, per questo “clima di “insuccesso”, da parte di insegnanti motivati e preparati.
Valditara chiude al confronto
Alle osservazioni critiche del direttore della Fondazione Agnelli risponde il curatore Christian Raimo, per il quale l’Alfabeto della scuola democratica è uno strumento per guardare con occhi diversi, attraverso la scrittura di chi in varie forme è coinvolto nella vita quotidiana della pubblica istruzione, sempre meno pubblica, dati gli ultimi incentivi per iscriversi alle scuole paritarie appena licenziati dal governo. Tutto questo in un momento storico e politico in cui, senza tornare alla polemica personale, siamo costretti a fare i conti con “un ministro che mostra oggettivamente, e ossessivamente, una difficoltà nel confronto, riducendo la possibilità di dibattito”.
Liberal e democratici, due visioni
Pur apprezzando il lavoro di qualità all’interno del dibattito pubblico, tra Gavosto e Raimo emergono convergenze e divergenze partendo da posizioni differenti, riassumibili nella tendenza liberale e “liberal” dell’uno, rispetto a quella per l’appunto “democratica” dell’altro. Ma se pure le teorie liberale e democratica si sono intrecciate spesso nel corso della storia della scuola italiana, per Raimo questa stessa storia ci racconta come le battaglie democratiche possono diventare liberali, mentre quelle liberali in varie circostanze hanno penalizzato quelle democratiche. C’è però anche un’altra tradizione, più disomogenea, che in questi decenni ha cercato di mettere in discussione le dinamiche di potere e di dominio legate alla scuola, sia nella politica che nella didattica, e qui Raimo chiama in causa le figure di Bruno Ciari, del pedagogista Lamberto Borghi, di Francesco De Bartolomeis, scomparso lo scorso anno.
Il valore della mescolanza
Tra gli interventi dei partecipanti, il maestro Franco Lorenzoni ricorda il valore della “mescolanza” nel mondo della scuola, un processo che può avvenire anche, se non soprattutto, sovvertendo ordini precostituiti, come ad esempio costruire scuole-modello in luoghi di periferia, talmente belle da costringere le famiglie borghesi a iscrivere qui i propri figli. Un mescolamento fatto di carne e sangue, dunque, ma anche di incontri tra culture diverse, lavorando sulle potenzialità degli alunni, e sulla qualità dell’insegnamento, in memoria degli scritti di Pietro Calamandrei in tal senso, pubblicati negli anni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale.
E a proposito di mescolanza, la presenza al seminario di studenti e studentesse, insegnanti e studiosi, arricchisce ancor più la conversazione attraverso esperienze raccontate da questa e dall’altra parte della cattedra.
Evocato Tullio De Mauro
Evocato più volte, prima della conclusione tutti concordano che il convitato di pietra dell’incontro sia stato Tullio De Mauro, ultimo ministro ad aver avuto la fortuna di poter essere definito della “pubblica istruzione”. Tra gli obiettivi futuri, dovrebbe esserci quello di ripristinare l’aggettivo.
Prima che sia troppo tardi.