A poco più di una settimana dallo sciopero generale del 29 novembre, restano ancora le eco di quella giornata di mobilitazione, ma anche alcuni segni di un importante cambiamento in atto, soprattutto in alcuni segmenti del mondo del lavoro. Da anni, per esempio, nello spettacolo e nel cinema non si assisteva a una mobilitazione così ampia di artisti e maestranze, che stanno pian piano provando a riconoscersi e a organizzarsi.

E questo, soprattutto grazie al complesso lavoro di rete che la Slc Cgil sta facendo a partire dal lockdown in poi, sia sul piano nazionale – nel quadro delle norme generali che vanno riformate – sia su quello territoriale. A Milano, per esempio, lo scorso 29 novembre è successa una cosa che non accadeva da vent’anni: il Piccolo Teatro ha chiuso per sciopero, facendo saltare la replica di Sogno di una notte di mezza estate.

“Abbiamo fatto uno sforzo enorme negli ultimi mesi per compattare i lavoratori del teatro – racconta Nicoletta Daino, segretaria Slc Cgil a Milano – che prima erano molto divisi. Tante assemblee per far maturare in loro la convinzione che si potesse fare, che lo spettacolo potesse saltare”.
Se la situazione sociale ed economica del Paese è drammatica, il teatro, luogo della rappresentazione per eccellenza, ne è la sua perfetta manifestazione. Ma gli artisti - che vanno in scena anche dopo i lutti – fanno sempre molta resistenza a infrangere la regola del “the show must go on”. Una specie di regola sacra e intoccabile. Eco perché quanto accaduto al Piccolo di Milano è ancor più degno di nota.

“La realtà teatrale è molto complessa – spiega Daino – perché ci sono luoghi dove si lavora più stabilmente, come il Piccolo appunto, o La Scala. Ma poi sono moltissimi i lavoratori difficili da intercettare e compattare, perché si muovono al di fuori dei circuiti ufficiali”. Quelli restano i più complicati da avvicinare e coinvolgere in una mobilitazione collettiva, perché sono sempre stati tagliati fuori da qualunque forma di comunità lavorativa.

“Ma è anche e soprattutto a loro che dobbiamo parlare, perché se si organizzano hanno un potenziale enorme” osserva Nicoletta Daino, riferendosi a una guerra tra poveri, tra più stabili e meno stabili, che in teatro è la dura legge che divide e impera da sempre. Soprattutto se si pensa all’abisso che separa i volti noti del settore dai tanti artigiani della scena, che ancora sentono definire il proprio lavoro come un hobby o una passione. La vera domanda da porsi, oggi, è come reagiscano a questa mobilitazione i cosiddetti big.

Forse ancora troppo distanti, troppo silenziosi, spesso faticano a esprimere solidarietà. “Per questo temo che ci vorrà ancora un po’ di tempo anche qui a Milano - ammette Daino -, stiamo cercando di creare delle relazioni. Non in molti sono pronti a impegnarsi in prima persona e ma metterci la faccia, come per esempio fa Lino Guanciale. E d’altronde si fa fatica a comprendere la manifesta ostilità di alcuni, come Michele Riondino”.

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I lavoratori del Piccolo non sono stati gli unici a mobilitarsi nel giorno dello sciopero. Si pensi agli orchestrali dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, che hanno letto un comunicato contro la manovra prima dei concerti. O al volantinaggio dei mimi di fronte al Teatro dell’Opera, contro lo sfruttamento barbaro denunciato proprio a partire da Collettiva. Se le lavoratrici e i lavoratori si organizzano, e si percepiscono davvero come parte di una collettività, ne può venir fuori davvero un bello spettacolo.

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