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Ormai è passato qualche giorno, ma non riesco a togliermi dalla testa questa nuova comunicazione del ministro dell’Istruzione e del Merito, che recita così:
Manderò una lettera alle famiglie dei ragazzi di terza media per rendere loro note le richieste del mercato del lavoro, le potenzialità che anche un percorso di istruzione tecnica e professionale offre e perché le scelte siano consapevoli, perché si possa dare opportunità di crescita e realizzazione per ciascuno.
La dichiarazione è avvenuta durante un seminario dal titolo “Lo sviluppo della filiera professionale e il modello 4+2”, tenuto la corsa settimana a Palazzo Giustiniani per illustrare le opportunità offerte dai percorsi di istruzione tecnica e professionale, con l’obiettivo di “guidare gli studenti verso scelte consapevoli e mirate”.
Si potrebbe obiettare che non ci sia nulla di male in un’iniziativa del genere, ma se si vive la scuola ogni giorno, da dentro, e si è già vissuta l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, di renziana memoria, torna la sensazione che dietro le parole ci siano obiettivi ben precisi, non rivolti propriamente al futuro degli studenti.
Una sensazione rafforzata da un’altra affermazione del ministro, sempre nello stesso consesso:
Viene previsto che un imprenditore o un manager possa insegnare al pari di un docente di italiano o di matematica laddove manchino specializzazione, o sia necessario ammodernare la didattica. Molto importante è il discorso di una diffusione di questo sistema. I dati testimoniano che stanno raddoppiando le iscrizioni. Dobbiamo far capire a famiglie e giovani che questo è un percorso che permette di trovare lavoro ben retribuito, certo, in tempi rapidi.
Provate a mettervi nei panni di un genitore che entro la fine del prossimo gennaio dovrà decidere in quale istituto superiore debba iscriversi suo figlio/a. Immaginiamo che questo figlio/a, nel corso della secondaria di primo grado, abbia mostrato delle attitudini per le materie umanistiche, e voglia proseguire i suoi studi in un liceo. Ipotizziamo che i genitori non siano d’accordo, o abbiano dei dubbi in merito.
Nel bel mezzo di questa scelta famigliare arriva la lettera del ministro, sollecitandola in direzione di “un lavoro ben retribuito, certo, in tempi rapidi”. Che cosa verrà deciso? Quanto influenzerà questa decisione la lettera recapitata? E cosa succederà dentro quella famiglia?
Ora provate anche indossare i panni di un insegnante, che a breve giro di posta potrebbe ritrovarsi come “collega” un imprenditore o un manager, non in quanto “esperto in materia” convocato una tantum per qualche approfondimento tematico, ma titolare di cattedra della materia stessa, dato che il sottinteso del ministro sembra alludere proprio a questo. Tutto normale? Tutto regolare? Tutto secondo i dettami della proclamata autonomia scolastica?
Viene da chiedersi come mai lo stesso tipo di attenzioni, lo stesso tipo di sollecitazioni, non vengano dedicate dal ministro anche ad altre discipline, quelle umanistiche per l’appunto, che nel caso dell’apprendimento del latino potrebbero garantire una conoscenza corretta e profonda della lingua italiana, oltre che favorire un percorso giurisprudenziale, così come lo studio del greco antico favorisce una più agevole comprensione dei testi di medicina, in barba alla leggenda delle cosiddette “lingue morte” che morte non sono, vivendo ogni giorno nella nostra cultura.
Ecco perché ritorna una certa sensazione, che induce a riflettere sull’effettiva finalità di certe parole nel rapporto tra scuola pubblica e imprese private: dalla riduzione del costo del lavoro per quelle aziende inserite all’interno di un simile progetto, con un costo fiscale pari allo zero circa, all’ennesimo tentativo di svuotare le nuove generazioni di una formazione “spirituale”, per dirla con Piero Gobetti, laddove chi volesse intraprendere un cammino di carattere professionale ha già numerosi indirizzi a cui rivolgersi, e iscriversi, senza bisogno di alcun suggerimento da parte del titolare di quel dicastero dell’Istruzione al quale, guarda caso, si è voluto aggiungere il Merito. Con la maiuscola.