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A volte la finzione più incredibile è solo una riscrittura della realtà. Perché, come disse Spielberg presentando Il Ponte delle Spie a proposito del Muro di Berlino: “La Storia è il più grande sceneggiatore, un autore che osa qualsiasi cosa”. E anche un fenomeno di culto mondiale può essere una versione fantastica di fatti veri, seppure impensabili: è il caso di Squid Game, la serie di culto coreana giunta alla seconda stagione su Netflix, dopo il record di visualizzazioni della prima. E c’è di più: il seme della serie è proprio una storia operaia. Un’occupazione di fabbrica, una lotta per il posto di lavoro, una dura repressione.
L’ha rivelata da poco Hwang Dong-hyuk, il creatore dello show, che rispondendo alla classica domanda “a chi ti sei ispirato” stavolta ha tradito il riserbo che di solito impone Netflix sulle sue produzioni. Proprio lui ha raccontato la “vera storia” di Squid Game.
Il gioco del calamaro
Per i pochi che non lo sanno, il racconto prende ispirazione dal “gioco del calamaro”, come da titolo, ovvero una competizione molto popolare nella Corea del Sud degli anni Settanta. Abbiamo 456 persone che rischiano la vita in un gioco per la sopravvivenza, con lo scopo di arrivare ad ottenere un gigantesco premio in denaro… Del resto ballare per soldi fino allo sfinimento e alla morte era alla base di Non si uccidono così anche i cavalli?, il classico di Sydney Pollack del 1969. Altre società, altri tempi, altre crisi ma dinamiche simili. Qui la storia viene narrata dopo i fatti successivi alla vittoria di uno dei partecipanti.
I licenziamenti di Ssangyong e la lotta dei lavoratori
La storia vera inizia invece nel maggio del 2009. L’azienda Ssangyong, gigante automobilistico da tempo in crisi, annuncia il licenziamento di oltre 2.600 lavoratori e lavoratrici, generando una delle occupazioni più lunghe della storia coreana. Nel dettaglio, la fabbrica resta in sciopero per 77 giorni finché la mobilitazione si conclude con gli scontri durissimi tra dipendenti e forze dell’ordine. Gli operai si picchiano con la polizia, armati di fionde e tubi di ferro, l’autorità risponde con proiettili di gomma e taser. Le conseguenze della mobilitazione non si limitano però alle ferite: molti lavoratori soffrono di traumi psicologici che segnano le loro vite e quelle delle loro famiglie.
La battaglia legale, le proteste, i suicidi
La seconda tappa arriva cinque anni dopo. Uno dei principali leader della protesta, il sindacalista Lee Chang-kun, inaugura un sit-in su una delle ciminiere dell’impianto, per contestare una sentenza sfavorevole agli scioperanti. Resta sul traliccio per cento giorni. La battaglia legale arriva a causare gravi tensioni finanziarie e psicologiche per tutti: si registrano circa 30 suicidi o decessi per problemi dovuti allo stress. Insomma, la tragica esperienza della Ssangyong – che oggi si chiama KG Mobility - è una ferita aperta nella società coreana, diventata simbolo di tutte le ingiustizie economiche e sociali.
Il racconto del sindacalista
Dalla storia operaia prende ispirazione la figura di Gi-hun, protagonista della serie interpretato da Lee Jun-jae, uomo in crisi, ludopatico e travolto dai debiti che accetta di partecipare al gioco. Dopo la rivelazione degli autori, è tornato a parlare proprio Lee Chang-kun, il sindacalista a capo della protesta: “All’epoca eravamo visti come attivisti sindacali vecchi e obsoleti, gente che aveva perso la testa”, ha raccontato al The Japan Times. “La polizia continuava a picchiarci anche dopo che eravamo svenuti: è successo sul luogo di lavoro ed è stato trasmesso per farlo vedere a tutti”.
Lee si è detto “commosso” da alcune sequenze nella prima stagione di Squid Game, in particolare quando il protagonista lotta per non tradire i suoi colleghi e concorrenti. Resta però una punta di amarezza: “Nonostante si sia riaperta la discussione su ciò che successo, è deludente che questo non porti a qualche risultato favorevole”.
Le ingiustizie restano intatte
Insomma, anche con l’eco mondiale della serie, in Corea del Sud tutte le ingiustizie restano intatte, così come il rischio di autoritarismo politico. Se pensiamo al recente tentativo di legge marziale tentata dal presidente Yoon Suk-yeol, poi revocata dopo la bocciatura del Parlamento, tutto torna… e la realtà continua a superare la fantasia.