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Ho 36 anni, vivo e lavoro principalmente a Milano, sono un’attrice professionista e da qualche anno ho intrapreso anche l’attività di formatrice: insegno recitazione in un’accademia per performer e conduco corsi nell’ambito del teatro sociale. Come attrice ho lavorato per alcune produzioni di Teatri Stabili e per realtà più piccole, ma negli ultimi anni ho collaborato principalmente con una giovane compagnia milanese, Compagnia Oyes, portando avanti un lavoro di creazione non solo attorale, ma anche drammaturgico degli spettacoli, un coinvolgimento intenso e collettivo nella realizzazione di opere originali o mutuate dai grandi classici del Teatro. Quando è arrivata la chiusura, con questa compagnia, avevamo appena concluso le repliche di Mai Generation al Teatro Litta e stavamo già lavorando alla nuova produzione, una scrittura condivisa a partire dai temi e dalle atmosfere del romanzo russo Oblomov di Gonçarov. Il progetto prevedeva un lungo periodo di residenza creativa, una immersione totale nel lavoro e nella ricerca dei linguaggi, che, inevitabilmente, è stata rimandata a data da destinarsi.
La chiusura credo ci abbia colti tutti impreparati e, nonostante un primo tenace tentativo di proseguire le prove online, perlomeno per la drammaturgia, abbiamo deciso di preservare il lavoro, che non può prescindere dalla relazione scenica e di attendere tempi migliori. Se ritorno a quel momento ricordo di aver ingenuamente pensato che non potesse durare più di un mese, che l’attesa di riprendere questo lavoro che mi appassiona profondamente sarebbe stata solo una breve pausa. Ho la sensazione che sia stato il pensiero di molti e mi commuove guardare indietro a questi mesi di speranza e insicurezza. Insicurezza che, proprio perché scritturata dalla compagnia mi ha toccata solo in parte, sarei infatti beneficiaria del Fis, il fondo di integrazione salariale erogato dall’Inps. Ma dico “sarei” perché ad oggi, dopo 3 mesi dalla sospensione dei lavori, non ho ricevuto alcun assegno, quindi, non potendo chiedere il bonus di indennità dei 600 euro, non ho ancora avuto nessun sostegno al reddito.
Fortunatamente alcune realtà per le quali lavoro hanno deciso di riprendere le lezioni con gli allievi virtualmente. L’esperienza dell’insegnamento online mi sta mettendo alla prova come formatrice e sta aprendo nuovi mondi insospettati nel mio modo di condurre. Ma anche in questo caso le difficoltà si sono presentate, in particolare i ritardi nei pagamenti, comprensibili certamente anche viste le ingenti perdite delle imprese, ma assolutamente insostenibili per un lavoratore. Inoltre, essendo io titolare di Partita Iva (come me moltissimi sono nella stessa condizione di doppio regime fiscale), dovrò a breve pagare una cifra considerevole tra tasse e contributi.
Al netto di tante amarezze, in questi lunghi mesi quello che più di tutto mi ha dato speranza è stata la nascita di moltissimi movimenti di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo. Ho sempre avuto una dolorosa impressione di disgregazione del nostro settore, anche soltanto nel comparto attorale, e vedere finalmente un’unione di intenti, una partecipazione attiva, non solo all’aspetto artistico e poetico, ma anche a quello politico ed etico del nostro lavoro, mi ha dato una grande spinta vitale. Fin da inizio marzo ho partecipato all’attività di Attrici Attori Uniti, una comunità di lavoratrici e lavoratori professionisti dello spettacolo, organizzata in Tavoli di Lavoro e in Gruppi di Studio, che dal mondo degli attori è poi stata estesa ad altri comparti. Con altri collettivi abbiamo partecipato alla manifestazione del 30 maggio in 13 piazze italiane ed è stata un’emozione incontrarsi sotto la stessa bandiera dei Diritti e del Lavoro.
All’interno di A2U sono impegnata nel Tavolo Campagna Iscrizione al Sindacato, nato dall’esigenza di molti di far confluire sempre più energie all’interno di Slc Cgil. Per tanti di noi, infatti, questa crisi è stata l’occasione, drammatica e ormai inderogabile, di una presa di coscienza delle molteplici storture interne al nostro settore e di quanto le rappresentanze sindacali siano importanti nella mediazione con imprese e istituzioni. Ed è questa consapevolezza che vorrei ci accompagnasse nel prossimo futuro, questo futuro che vedrà alcuni di noi ripartire, alcuni di noi protestare per la ripartenza, alcuni di noi aspettare con prudenza.
Il cambiamento che vorrei vedere è quello in cui lavoratrici e lavoratori dello spettacolo saranno finalmente uniti nella richiesta di diritti, di tutele, soprattutto nei confronti di alcune grandi imprese e dei ministeri. Credo che il desiderio di tutte e tutti sia quello di tornare il prima possibile a camminare su quelle assi vive di legno, a guardare negli occhi gli spettatori delle nostre storie, a sentire il tremore che accompagna l’entrata in scena, ma potremo farlo solo con una diversa e più consapevole etica del nostro splendido lavoro.