«Lettere scontrose» di Giovanni Arpino (pubblicato da minimum fax a maggio 2020) è un libro inedito che riaffiora dal cuore degli anni Sessanta come una regalia favolosa. Raccoglie gli articoli di una rubrica che Giovanni Arpino tenne per il settimanale Tempo tra la fine di ottobre del 1964 e il novembre del 1965, mai pubblicata in volume. Sono lettere scomode, irriverenti, a volte accorate, altre profetiche, ma sempre pervase da «un’elementare esigenza di giustizia e un minimo di civile indignazione». A mettere in fila i destinatari si ottiene la nomenclatura scintillante dell’intero decennio, da Moro ai Beatles eppure questo libro ci parla e ci impressiona come se fosse indirizzato ai lettori del futuro per la destrezza e la precisione dello stile, la vocazione assoluta del miniaturista, la radiografia spietata della nazione afflitta in eterno dagli stessi mali. Per uno scrittore di razza come lui, le contingenze sono qui soltanto un pretesto per esaminare l’animo umano, inchinarsi al talento degli irregolari come Totò (il solo che gli rispose) e contestare il potere, che si tratti di sdegnarsi con il presidente della Corte d’Assise di Francoforte per la mitezza delle pene comminate ai responsabili di Auschwitz o di suggerire alla Loren di pagare le tasse, o di ragionare dell’amore per l’America, e della natura dell’amore in genere, con Jacqueline Kennedy. Perché Arpino discorre sempre in difesa di ciò che resta umano a dispetto di tutto, crede nella Storia come attualità e ci ricorda che scrivere è un lavoro da dannati. Le «lettere scontrose» sono i suoi scritti corsari, il testamento perduto di una generazione.
Scheda / Le «Lettere scontrose» di Giovanni Arpino
28 giugno 2020 • 07:00