Siamo qui, ascoltateci, esistiamo. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo si sono ritrovati a Roma, presso il Centro Congressi Frentani, lo scorso giovedì 30 novembre, per partecipare all’iniziativa “La giusta riforma, adesso!”. Un appuntamento promosso dalla Slc Cgil, che ha visto il coinvolgimento di altre trenta realtà associative del settore, tra cui Unita, Centoautori, Fidac, per ragionare sul prossimo futuro. Tante le testimonianze che si sono alternate sul palco. Attori, registi, autori, tecnici, doppiatori, musicisti, danzatori hanno dialogato con il segretario generale della Slc Fabrizio Solari e la segretaria nazionale Sabina Di Marco. A chiudere è stato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, che ha raccolto dal palco la sintesi di un bisogno profondo emerso in maniera unanime: quello di procedere uniti verso un cambiamento radicale, che coinvolga tutto il mondo della produzione culturale.
UNA MISURA INSUFFICIENTE
“La fortissima sottovalutazione del governo della specificità del mondo dello spettacolo emerge chiaramente dall’ultima misura adottata” ha detto dal palco la segretaria nazionale Sabina Di Marco, bocciando il provvedimento varato tre giorni fa dal Consiglio dei Ministri sull’indennità di discontinuità. Il testo approvato, per Di Marco, ha assunto “una forma molto distante da ciò che, a partire dal fermo imposto dalla pandemia, i lavoratori reputano irrinunciabile”. E infatti unanime è salita dal parterre del Centro Congressi Frentani la richiesta di ascoltare le ragioni del lavoro nello spettacolo, evitando di intervenire in modo “insufficiente e approssimativo”.
RICONOSCERE L’INTERMITTENZA
Il provvedimento tradisce un approccio ancora stancamente emergenziale verso una categoria di lavoratori che vorrebbe vedersi riconosciuta un’unica grande caratteristica: l’intermittenza come condizione strutturale, duratura, imprescindibile. La misura è invece pensata come l’ennesimo bonus, da destinare sia a chi nello spettacolo lavora come creativo o tecnico, sia a chi - e qui sta un’altra grande criticità - svolga attività collaterali: maschere, botteghino, guardaroba. Ma possono, queste, essere considerate professioni dello spettacolo al pari di chi compone una sinfonia, danza su un palco, recita davanti a una telecamera o allestisce la fonica e le luci per una scena?
LAVORATORI INVISIBILI
Il dibattito ha lasciato spazio anche alle questioni ormai ataviche, come quelle sui tempi del “non lavoro”, che per i creativi è un tempo di ricerca e studio finalizzato alla progettualità (da non confondersi con la formazione continua, che è tutt’altra cosa). E ancora, il grande vuoto delle prove non pagate, dei contributi non versati, di un lavoro troppo spesso nero, il colmo per quei creativi che restituiscono attraverso l’arte le sfumature della vita e i colori delle emozioni. L’iniziativa dello scorso 30 novembre rappresenta una tappa importante nel percorso che il sindacato ha intrapreso a partire dagli anni bui della pandemia, e che ha portato all’apertura di una nuova storica fase di contrattazione. “L’ideologia secondo cui basta il mercato ha fatto il suo tempo – ha affermato Fabrizio Solari, segretario generale Slc Cgil –. Il mondo interconnesso in cui viviamo sta rivoluzionando tutte le professioni, comprese quelle dello spettacolo e della cultura. Non si può sfuggire a un’adeguata regolamentazione”.
LA CULTURA AL CENTRO
Nell’intervento conclusivo, Maurizio Landini, segretario generale Cgil, ha insistito sulla stretta relazione che lega le lotte del lavoro e il mondo della cultura. “Un legame che dal dopoguerra ad oggi ha assicurato al Paese una forte crescita sociale e civile, motivata dall’obiettivo comune di trasformare il modello economico e i rapporti tra le persone”. L’obiettivo finale resta quello di una riforma complessiva dello spettacolo dal vivo e del cine-audiovisivo, per dare finalmente un riconoscimento dignitoso a tutti coloro che ci lavorano. Per restituire centralità alla cultura in un paese dove non sempre di cultura si riesce a vivere.