Alla Camera del lavoro di Milano è stata inaugurata un’installazione permanente che offre un viaggio tra il passato e il presente, attraverso opere d’arte uniche. Si tratta de La Collezione Spagnola dialoga col contemporaneo, a cura di Elena Cerasetti e Luigi Attilio Brianzi e realizzata insieme al collettivo Orticanoodles. Attivo sulla scena di arte urbana dai primi anni del duemila, ha un portfolio di opere pittoriche monumentali di arte pubblica a livello nazionale e internazionale, che anima tra gli altri il quartiere Ortica di Milano, nato proprio come progetto di rigenerazione urbana grazie al lavoro svolto da questi artisti.

In mostra i quadri che la Cgil acquistò negli anni Settanta a sostegno del movimento antifranchista, che dialogano con le opere e il murale realizzati da Orticanoodles. “Facendo ricerca su alcuni quadri della Camera del lavoro di Milano, ho scoperto che facevano parte della collezione spagnola acquistata dalla Cgil, che era già stata esposta in altre occasioni – spiega il curatore Luigi Brianzi – e così mi è venuto il desiderio di ricostruire un percorso artistico e storico, per poi farlo dialogare con l’attualità”.

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Tvboy dipinge Peppino Impastato

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Non è l’unica occasione in cui il sindacato ha scoperto nell’arte una forma di resistenza civile, oltre che uno strumento di azione politica importante, a sostegno della voce dei lavoratori. Si pensi a tutta la produzione dell’artista Ennio Calabria, scomparso a marzo del 2024. “Volevo provare a dare una seconda vita a queste opere degli anni Sessanta e dunque abbiamo scelto una delle realtà più importanti e significative dell’arte contemporanea, gli Orticanoodles”.

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L’arte urbana si configura oggi come uno dei linguaggi artistici più orizzontali e immediati, per parlare di diritti, disuguaglianze, lavoro, coinvolgendo anche i più giovani. “La street art non è più sinonimo di degrado – osserva l’artista Wally, esponente del collettivo – ma è al contrario un mezzo per attivare dei processi di rigenerazione urbana”.

Nella realizzazione delle opere, Orticanoodles lavora spesso sulla scomposizione fisica dei soggetti, che successivamente vengono ricomposti insieme, non più nell’unità soggettiva precedente, ma in una nuova individualità molteplice in cui il tutto è più della semplice somma delle parti. I volti si mischiano come i pezzi di un puzzle, inframezzati da elementi pittorici e ornamentali che provengono da altri mondi inanimati. La metafora della ricerca di una dimensione collettiva, un bisogno di condivisione in controtendenza rispetto a un contesto sociale tutto ripiegato sulla dimensione individuale. 

“Mi è sembrato sin da subito di trovare numerose consonanze tra il modo di lavorare degli Orticanoodles e quello degli Equipo Crónica” spiega Luigi Brianzi, con riferimento al collettivo di artisti spagnoli che sono tra quelli dalle cui opere ha tratto ispirazione per l’allestimento. Tra queste, Variante de La famiglia Carlo IV, di cui è stata appunto realizzata una lettura in chiave contemporanea, nel tentativo di far dialogare due periodi storici diversi sul tema comune della resistenza ai totalitarismi e all’individualismo sfrenato.

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“Nel caso di Equipo Crónica siamo negli anni Sessanta, loro utilizzano la pop art per rileggere in chiave ironica la cultura classica mainstream – osserva Brianzi – oggi Orticanoodles adopera le tecniche della street art con un fine molto simile. Sono entrambi dei gruppi artistici impegnati, che identificano il lavoro collettivo come strumento di critica dell’individualismo”. L’installazione presso la Camera del lavoro è realizzata in collaborazione con l’associazione OrMe – Ortica Memoria, che promuove la rigenerazione urbana attraverso la realizzazione di attività culturali, artistiche, ricreative e formative.

“Io ho iniziato a fare questo lavoro sul territorio insieme all’Anpi, che aveva i contenuti ma cercava il contenitore giusto per portarli nelle scuole – racconta Wally - mentre noi, con la street art, offrivamo loro proprio il linguaggio giusto per costruire un ponte della memoria tra vecchie e nuove generazioni”. Questo vale anche per il racconto del mondo del lavoro, un racconto complicato, naufragato quando il punto di contatto con il mondo della cultura è venuto a mancare. Si è creata, a un certo punto, una frattura.

“L’arte in passato ha saputo ben raccontare il mondo del lavoro. Pensiamo a Pellizza Da Volpedo e il Quarto stato, a tutta la produzione artistica che si ispira ai processi di industrializzazione. A un certo punto, però, dopo la fine della catena di montaggio questo racconto ha cominciato a interrompersi”. L’arte urbana, per certi versi, prova a recuperare e rimettere insieme le fila di quel discorso, attraverso un lavoro di arte pubblica e non elitaria. La mostra sarà visitabile in maniera permanente presso la Camera del lavoro di Milano e segna una tappa importante nel percorso di costruzione di un terreno condiviso tra arte e sindacato per una resistenza civile.

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