La Festa internazionale dei lavoratori che si celebra il Primo Maggio in tutto il mondo trova le sue origini alla fine del secolo XIX e ci porta negli Stati Uniti, per l’esattezza nella città di Chicago, nel periodo della “epoca d’oro”, quella gilded age che in realtà rendeva ricchi soltanto pochi rappresentanti della società industriale americana, a scapito e sulla pelle di migliaia di lavoratori, sfruttati e perseguitati. Lavoratori migranti, perché dall’immigrazione la Terra Nuova traeva la sua linfa.

Per loro, perciò, si deve piuttosto parlare di epoca “di piombo”, di giornate di lotta per raggiungere la riduzione delle otto ore quotidiane lavorative (da qui la data del 1° maggio 1886) e un salario dignitoso, evitando di morire a causa di malattie come la tubercolosi, o per le pallottole sparate senza alcuna remora dai sicari delle grandi aziende contro le manifestazioni operaie.

Questo è lo scenario entro cui scorrono gli eventi che portano alla nascita del Primo Maggio, e a ricostruirli in maniera puntuale e ricca di materiale documentario è Martin Cennevitz, insegnante francese allo stesso tempo studioso appassionato di storia politica e sociale, particolarmente curioso proprio delle vicende che hanno riguardato le battaglie dei lavoratori negli Stati Uniti, ora autore del libro Verrà il giorno. Le origini del Primo Maggio (Elèuthera, pp. 200, euro 18), che egli stesso definisce in copertina “racconto storico”, suddiviso in 17 capitoli.

Un racconto scritto in presa diretta, nel corso del quale vengono restituiti alla memoria collettiva, e alla conoscenza di chi non sa, non soltanto gli accadimenti in sé quanto le storie dei protagonisti di quelle vicende in carne e ossa, operai impegnati nella lotta impari contro il grande capitale statunitense montante; lavoratori che non volevano diventare eroi, ma che hanno combattuto ogni giorno per la conquista dei propri diritti, nel rispetto della loro dignità, facendosi uccidere su un patibolo che ha cambiato il corso della storia.

Perché la Festa del Primo Maggio nasce anche da questo questo, dal patibolo eretto davanti a un pubblico scelto di autorità cittadine e grandi industriali, in quella Chicago di cui viene ricostruita nascita e sviluppo dagli inizi dell’Ottocento, e che già alla metà del secolo era costituita da circa 30 mila abitanti, molti arrivati dalla Germania, divenuti 100 mila dieci anni dopo. Alcuni di loro divengono il filo conduttore del volume, dalla mitica figura di Enkoodabaoo a quelle leggendarie di Samuel Fielden, Albert Parsons, August Spies, Louis Lingg, Adolf Fischer, George Engel.

La ricostruzione dei fatti è incalzante, e coinvolge il lettore proprio grazie alla presenza viva di chi è stato artefice di un lungo e sanguinoso cammino, giungendo al “venerdì nero” descritto nel capitolo 15, quell’11 novembre 1887 nel quale i capi delle rivolte dei mesi precedenti, da Haymarket alle altre, verranno giustiziati:

Quando il corteo fa la sua comparsa, l’assemblea trattiene il fiato. Tutti gli occhi seguono gli agenti che conducono i condannati al loro posto sul patibolo. Dapprima Spies, poi Fischer, Engel e Parsons, che così fronteggiano gli astanti dai quali si alza il mormorio ovattato di un pubblico che aspetta l’alzarsi del sipario. Poi un agente blocca le loro caviglie con un braccialetto di cuoio, prima di sistemare a ognuno la corda attorno al collo piazzando il nodo sotto l’orecchio sinistro. La corda di Spies è troppo stretta, l’agente l’allenta e Spies sussurra un ringraziamento. Fischer, molto più alto, si sforza di abbassarsi per facilitare l’operazione. Sorridente e fiero, Engel accoglie il capestro come un’offerta. Parsons si tiene dritto, gli occhi che guardano altrove. Poi l’agente copre loro la testa con un cappuccio di tessuto bianco del quale stringe il laccio alla base. Fra un attimo una botola si aprirà sotto i loro piedi. Un brivido percorre gli astanti che restano muti. Spies rompe quella calma apparente dichiarando: «Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più potente delle voci che voi oggi soffocate!

Ecco, le origini del Primo Maggio che ci apprestiamo di nuovo a festeggiare provengono da qui; ma quel giorno tanto atteso da chi ha offerto la propria vita per i diritti dei lavoratori non è ancora giunto per tutti.