Con la premiazione organizzata nella Sala Sirio della “Nuvola”, all’interno del programma “Più Libri Più Liberi”, si è conclusa la dodicesima edizione del “Premio Marco Rossi – Raccontare il lavoro”, dedicato alla narrazione in audio del mondo del lavoro, in tutte le sue forme e declinazioni.

La giura, presieduta da Marino Sinibaldi, ha assegnato un terzo posto ex aequo a Giovanni D’Ambrosio e Valentina Esposito, per i rispetti sonori Voci dalla piana di Gioia Tauro e Generazione millennials, mentre il secondo posto è andato a Giovanni Augello, autore de Il fumo negli occhi, una storia legata alla conquista dei diritti delle donne nel mondo della tabacchicoltura nella prima metà del Novecento in Italia.

Ad aggiudicarsi questa edizione è stato Manuel Maria Perrone, con l’opera in podcast Cristo si è fermato a Seveso, andata in onda per la Radio Svizzera Italiana. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Di cosa parla “Cristo si è fermato a Seveso?”
Racconta la storia di mio padre, che quando si è materializzato il dramma di Seveso aveva 19 anni, e ha deciso di dedicarsi alla medicina del lavoro epidemiologico come strumento politico, divenendo allievo all’Università Statale di Milano di Giulio Alfredo Maccacaro, che prima di diventare medico è stato partigiano e che ha portato, come Basaglia nella psichiatria, questioni fortemente politiche nella medicina tradizionale, per fondare poi “Medicina democratica” insieme a Luigi Mara. Da qui l’impegno di mio padre nelle prime denunce di casi asbestosi, un’azione diretta tra lavoro e salute, sino a quel momento limitata nella storia dell’epidemiologia alle malattie stagionali.

Come procede la narrazione?
Dopo l’adesione di mio padre a Medicina democratica, cerco di raccontare anche attraverso licenze poetiche quanto avvenuto, perché non si tratta di un’inchiesta giornalista, non sono un giornalista ma un drammaturgo; ho dunque tentato di costruire una sorta di solfeggio emotivo, in questo favorito anche dal mezzo radiofonico, che mi ha permesso molti linguaggi e un certo eclettismo, con l’obiettivo di imbarcare gli ascoltatori in questo viaggio narrativo.

Poi però si ammala anche suo padre…
Sì, di cancro ai polmoni a trent’anni. E durante la ricerca del materiale ho ritrovato un’intervista in cui denuncia il suo male come conseguenza del luogo in cui ha vissuto, nei pressi del fiume Ticino, a ridosso della Brianza. Un’aria non proprio salubre…

Anche in “Cristo si è fermato a Seveso” si parla di questo?
Mi chiedo anche quali siano le vere ragioni di quello strano cancro, anche perché mio padre muore nel 1991, e dopo un decennio iniziano le prime inchieste sulla Terra dei fuochi, sulla diossina sotterrata dalla Camorra, dove ho trovato un legame con quanto accaduto a Seveso, quando dei bidoni di diossina scomparvero nel nulla, per poi essere ritrovati tra le mani di un mafioso marsigliese che si occupava di uno smaltimento di rifiuti tossici in maniera piuttosto ambigua.

Il registro narrativo utilizzato risulta molto efficace all’ascolto. C’è qualche particolare fonte d’ispirazione?
Se devo fare un nome dico Carlo Ginzburg, nel senso che ho cercato di ripercorrere la vena dello storico a caccia della sua preda. Nel podcast cerco di capire le motivazioni esistenti tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, quella enorme volontà rivoluzionaria che accompagnava una visione forte del far politica come militanti di base, in fabbrica, a stretto contatto con la vera realtà del lavoro. Poi cerco di scavare ancora più indietro, tornando al tempo del miracolo italiano, quando si credeva in modo cieco al potere del progresso senza guardare troppo alle conseguenze, anche fisiche, nei confronti delle persone.

E oggi?
Sono voluto arrivare anche alla nostra epoca, quella di un quarantenne del 2020 cresciuto con la fine degli ideali. Oggi sicuramente c’è più coscienza dei danni provocati da queste cose, ma abbiamo anche accumulato un pericoloso ritardo, e credo un certo fatalismo.

Nell’epoca dello strapotere dell’immagine, veicolare in audio il proprio lavoro contiene ancora una sua fora?
Sono assolutamente convinto di questo. La radio è uno strumento incredibile, che offre ancora la possibilità di cercare materiali di archivio preziosi, sotto varie forme. Faccio l’esempio delle pubblicità progresso sulle prime centrali nucleari d’Italia, utilizzate in questo mio sonoro, che secondo me restituiscono i sapori di un’epoca, suoni che ricreano un’atmosfera che soltanto la radio può riprodurre in un certo modo.

Ci sono nuovi progetti in vista, legati a “Cristo si è fermato a Seveso”?
La cosa più direttamente connessa è un romanzo che sto scrivendo su questioni ambientali, la riscoperta di tematiche presenti in me sin dalla prima infanzia. Si tratta della storia di un villaggio in Svizzera, intossicato dall’acqua potabile senza rendersene conto. Per ora non dico di più.

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