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Non c’è momento migliore per sondare gli umori di una Fiera del libro di quando, girovagando tra gli stand, l’unico rumore rimasto è quello del nastro da pacchi che chiude nelle scatole i volumi invenduti, mentre gli espositori riguardano gli ultimi conti prima di tornare, da domani, al quotidiano lavoro nelle rispettive case editrici.
Per la maggior parte di loro il bilancio non corrisponde alle aspettative in linea con l’anno precedente, registrando un calo generale delle vendite orientabile tra il 30 e il 40%, numeri più o meno simili a quelli dei visitatori, al netto della tradizionale invasione delle scolaresche (inserite nel conteggio finale), e dei comunicati stampa arrivati dall’organizzazione dell’evento, che hanno fatto storcere il naso a più di qualche piccolo e medio editore, categoria che rimane, sempre più a fatica, il cuore attorno a cui si muove l’intero carrozzone Più Libri Più Liberi.
Per gli addetti ai lavori le cause di questa flessione possono essere le più diverse, non ultima la congiuntura dettata dal calendario, che quest’anno vedeva cadere il giorno dell’Immacolata di domenica, invertendo così la proporzione tra feriali (da mercoledì 4 a venerdì 6 dicembre) e festivi (sabato 7 e domenica 8 dicembre). C’è poi il tema del biglietto d’ingresso, salito quest’anno a 13 euro, senza che aiuti troppo lo sconto del 5% sull’acquisto dei volumi, dato che è la maggior parte degli stessi editori ad applicare una propria scontistica in Fiera, superiore a questa percentuale. A tutto questo si aggiungono le polemiche che hanno preceduto questa edizione numero ventitré, di certo non utili a incoraggiare la presenza dei visitatori.
Considerazioni non riscontrabili nel comunicato ufficiale arrivato a poche ore dalla chiusura, dove veniva scritto di “un grande successo”, condito da “un’affluenza straordinaria”, e di un “tutto esaurito negli incontri culturali”, chiosando sulla “stabilità nelle vendite per gli editori”. Peccato che gli editori non la pensino allo stesso modo, pur confermando l’effettiva partecipazione di pubblico alle oltre 700 presentazioni contenute all’interno di un programma ritenuto però troppo vasto, a tratti confusionario, a volte poco in linea con la tematica indicata (“La misura del mondo”) e troppo sbilanciato, negli spazi e negli orari, verso realtà editoriali che di piccolo e medio hanno ben poco.
Eppure, durante la cerimonia d’inaugurazione, i numeri forniti dall’AIE, l’Associazione Italiana Editori, dipingevano un quadro ben preciso, e di certo preoccupante: proprio quei marchi che non arrivano al milione di euro di fatturato annuo, nei primi dieci mesi del 2024 hanno perso il 4,9%, mentre per chi rientra in una fascia compresa tra uno e cinque milioni di euro il dato si riduce al 3,6%; di contro, i grandi gruppi Mondadori, Gems, Feltrinelli e Giunti, sembrano poter chiudere la loro stagione con un segno +, lieve ma pur sempre positivo, dividendosi oltre la metà della torta, il 53,3% rispetto al 46,7% complessivo della frastagliata galassia editoriale rimanente, composta per l’appunto soprattutto da piccoli e medi editori al di sotto, in molti casi ben al di sotto, della soglia del milione di euro di vendite annuali.
Intanto si pensa già al prossimo giro di valzer, l’edizione 2025, che la curatrice e responsabile del programma Chiara Valerio ha fatto sapere trarrà ispirazione dai 250 anni dalla nascita di Jane Austin, con un tema dal titolo “Ragioni e sentimenti”, che secondo la direttrice vuol dire “cercare di indagare, attraverso i libri, le persone che li hanno scritti, e soprattutto le persone che li hanno letti, se siamo ancora in grado di desiderare e cioè di sperare e non solamente, come pure ci capita, di disperare, tutto attaccato”.
Cercheremo di capirne qualcosa in più nel corso del prossimo anno.