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A ottant’anni di distanza da quel fatidico 25 aprile 1945, il Teatro nazionale di Genova dà vita a un articolato progetto culturale interamente dedicato alla Liberazione, dal titolo D’oro. Il sesto senso partigiano. Una serie di iniziative nella città medaglia d’oro per la Resistenza, culminate nello spettacolo teatrale omonimo al Teatro Ivo Chiesa. La performance teatrale nasce dall’immenso lavoro giornalistico condotto da Laura Gnocchi e Gad Lerner, che hanno raccolto centinaia di interviste agli ultimi partigiani, “custodite” nel sito Noi partigiani.
Il progetto nasce con l'idea di provare a raccogliere le testimonianze degli ultimi protagonisti viventi della Resistenza, per conservare le loro memorie all'interno di un sito molto ricco, consultabile sia attraverso i nomi dei partigiani, che per temi. Un progetto articolato e ambizioso, nato e realizzato grazie al prezioso contributo e al supporto documentaristico dello Spi Cgil.
Un monumento vivente alla Resistenza
“L’idea alla base è non solo quella di creare un grande archivio multimediale - spiega Francesco Palaia, storico e responsabile Politiche della memoria dello Spi - ma anche una sorta di monumento vivente della Resistenza, oggi più necessario che mai. Non ci piace chiamarlo archivio perché rimanda all’idea di passato. Preferiamo invece definirlo un monumento, che nel presente continua a celebrare il passato, parlando a chi c’è”.
Il sindacato dei pensionati è tra i maggiori finanziatori del progetto e ha contribuito a individuare i testimoni, oltre che i criteri sui quali costruire le interviste. “Molti di questi oggi ci hanno lasciato - prosegue Palaia - e proprio per questo Noi partigiani riveste un ruolo inestimabile: quello di contenitore delle trasformazioni della memoria pubblica, che con la perdita dei testimoni diretti si va trasformando”.
Un nuovo concetto di memoria pubblica
L’ Anpi stessa sta riflettendo sulle proprie trasformazioni necessarie: da associazione di ex combattenti a depositaria di una memoria e di una cultura dell’antifascismo e della Resistenza come valore in sé, oltre che come momento storico-politico definito. La storia del sindacato è legata a doppio filo a quella della Resistenza, perché il lavoro è all'origine della crisi del fascismo. Basti pensare agli scioperi del 1943-1944 nelle fabbriche: il movimento operaio è tra i principali protagonisti della Resistenza e della guerra di liberazione.
Partigiani e lavoratori: un connubio indissolubile
“Il Risorgimento aveva costruito l'unità del Paese escludendo le masse popolari e la classe lavoratrice, che all'interno dello stato liberale è sempre stata trattata come un corpo estraneo”, illustra lo storico e sindacalista: “A un certo punto lo stato liberale palesa tutta la sua irriformabilità, rifiutandosi di inserire al suo interno le due grandi culture cattolica e socialista. Ed è lì che i lavoratori cominciano ad organizzarsi da soli, attraverso le prime Camere del lavoro e le federazioni di mestiere, che lo stato liberale tratta come un problema di ordine pubblico da reprimere”.
Come spiega Palaia, proprio per queste ragioni il fascismo è stato definito una controrivoluzione preventiva, che si consuma sotto gli sguardi complici dello stato liberale. Il protagonismo della classe lavoratrice nel movimento di Liberazione trova il suo punto di espressione massima nella Costituzione repubblicana, che si fonda infatti sul lavoro.
La cultura della Resistenza nel presente
“Oggi, a 80 anni dal 25 aprile, il tema da affrontare è come noi trattiamo la memoria pubblica della Resistenza”, conclude Palaia: “Per quasi un secolo tutti i partiti dell’arco costituzionale si sono fondati su un principio comune: le ragioni dell’antifascismo. Ora, per la prima volta dal secondo dopoguerra, ci troviamo in una situazione singolare: il presidente del Consiglio è espressione di un partito direttamente erede di una tradizione che non ha contribuito a scrivere la Costituzione, anzi che era contrario”. Quei principi non fanno parte della cultura di governo e sostituiti dall'idea di fondo che si possa costruire un eterno presente senza passato.