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Storico e scrittore, Piero Bevilacqua è stato docente di Storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma. In questo suo ultimo lavoro, dal titolo La guerra mondiale a pezzi e la disfatta dell’Unione Europea (Castelvecchi editore, pp. 218, euro 20), l’autore ci consegna una cartina geopolitica del mondo in divenire, quasi in tempo reale, anzi spesso anticipando scenari che sembrano ormai prossimi a realizzarsi. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Professor Bevilacqua, il libro fotografa la situazione internazionale in maniera lucida quanto impietosa, dando l’idea di un instant book, data la stringente attualità.
In effetti è uno tra i libri che ho scritto per cui ho impiegato meno tempo, poco più di due mesi; ma dentro ci sono decenni di allenamento, e di passione civile. Ho cercato di fare chiarezza per le persone che vogliono capire quanto accade, persone che ancora ci credono, mi viene da aggiungere, attraverso la visione dello storico, il lavoro che ho sempre fatto.
A che punto è il caos mondiale entro cui ci troviamo?
Per paradosso potremmo trovarci di fronte a un chiarimento nel caos, perché la nuova presidenza Trump, al netto dei limiti e dei pericoli che rappresenta, sta mostrando con una certa evidenza la volontà di far terminare la guerra in Ucraina, che in questo momento è il maggior pericolo per il mondo intero. Sto cercando di seguire sulla rete quello che non appare sui giornali, e mi pare che una certa élite europea voglia continuare la guerra contro la Russia, laburisti britannici in primis, ma non solo. Trump invece avrebbe il suo tornaconto nel concluderla.
Nel libro però si parla anche di “fine dell’americanizzazione del mondo”. Cos’altro dobbiamo attenderci dall’elezione di Donald Trump?
Penso che la politica degli Stati Uniti alla fine non sarà “spaccatutto”, come Trump annuncia, perché anche lui deve fare i conti con le leggi dell’economia. Naturalmente gli Usa trarranno vantaggio dalle loro scelte, ma senza risolvere i loro grandi problemi. Vedremo.
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L’altra questione urgente, affrontata nel volume, riguarda la striscia di Gaza, più in generale lo scenario mediorientale.
Sì, e qui ci troviamo di fronte a una questione ancora irrisolta. Mi sembra evidente che Israele, come gli Stati Uniti, punti all’annessione della Cisgiordania per formare una “Grande Israele”, anche al netto di crimini disumani nei confronti della popolazione palestinese, come continua ad accadere, mentre l’Europa si nasconde dietro il terrorismo omicida di Hamas. Per tornare da dove siamo partiti, in fondo si tratta di un caos leggibile, il che non significa che si risolva: ma è leggibile, e credo tra l’altro stia portando all’emergere dei Brics, perché la realtà ci racconta che la Russia non solo non è crollata, ma nell’alleanza con la Cina sta mettendo in piedi un nuovo ordine di cooperazione internazionale, indipendente dagli Stati Uniti, svincolato dal dollaro. Una possibilità che appare all’orizzonte non più così remota, tutt’altro.
E arriviamo all’Europa, che come già indicato nel titolo, sembra aver imboccato la strada di un irrimediabile declino. In un capitolo si parla addirittura di “certificato di morte…”
Un certificato di morte secondo me rappresentato dal “rapporto Draghi”, perché credo sia la certificazione di un fallimento l’aver assegnato la proposta di una “rinascita europea” a un manager, che anche in Italia ha dimostrato di non essere un politico. Il problema non è disegnare il modo di inseguire Stati Uniti e Cina verso il primato tecnologico, ma dare un’anima politica all’Europa. Ma se assegni al portatore di malattia il compito di guarire i mali, allora si fa dura....
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A cosa si riferisce?
Penso ad esempio ai 500 miliardi di investimenti calcolati per le spese militari, che non può allinearsi all’idea di uscire dall’inferiorità economica che l’Europa sta subendo. Si tratta di un programma di armamenti che tra l’altro non tiene conto della galoppante inflazione delle materie prime, a partire dalle munizioni, e che va a sostituire programmi green, programmi di contenimento del riscaldamento climatico, le diseguaglianze gravissime che lacerano le società europee. Tutte mancanze che inevitabilmente fanno avanzare le destre. C’è poi un altro punto.
Quale?
Mi chiedo: come si può ignorare che coloro i quali dovrebbero realizzare questo programma, i vari Macron, Scholz, in pratica sono già stati spazzati via politicamente? Si discute del 2% da introdurre per il rafforzamento della Nato, dei 500 miliardi da ricavare con un debito comune, quando tedeschi e altri Paesi del Nord Europa. si è già capito. difficilmente saranno d’accordo. Se non è un certificato di morte questo, di certo è il certificato di un fallimento. L’Europa non ha bisogno di manager, ma di statisti: al momento non se ne vedono all’orizzonte.
Come siamo arrivati a tutto questo?
Per il guasto dell’ideologia liberista, che ha provocato lo scatenamento del mercato, mettendo in un angolo la politica e lo Stato. Uno Stato che ormai deve solo limitarsi a controllare le regole della competizione, togliendo alla politica la capacità di governare il mercato stesso, e i suoi meccanismi distorsivi. Esaltando il verbo liberista, la politica ha determinato la sua irrilevanza.