Ho digitato www.suno.com, mi sono registrata, ho inserito un codice che mi era stato inviato per messaggio sul telefono e poi ho cliccato sul tasto create a song. Mi si è aperta davanti agli occhi una library infinita di generi musicali, alcuni a me totalmente sconosciuti, associati ad altrettante session ritmiche dai nomi in alcuni casi mai sentiti, o almeno non tutti insieme in un’unica frase: ambient trance jungle, dance illbient, havana cajun. Ignoranza musicale? Potrebbe essere. Potrei cogliere l’invito del claim sul sito che mi dice “esplora nuovi stili musicali con Suno”. Ma questo farebbe di me una musicista? Non più di quanto, scattare una foto perfettamente a fuoco e metterci un bel filtro vintage, farebbe di me una fotografa.

IA E OPERE D’ARTE

Il tema dell’intelligenza artificiale applicato alle arti ha oggi un ruolo centrale nel dibattito, riproponendo gli interrogativi che ciclicamente la tecnologia riporta in ballo, a ogni grande appuntamento con una rivoluzione industriale. Walter Benjamin, all’inizio del XX secolo, ragionava su come l’introduzione di nuove tecniche per produrre, riprodurre e diffondere le opere d’arte nella società di massa, cambiasse radicalmente l’atteggiamento e l’approccio all’arte, sia da parte degli artisti che da parte del pubblico. La stessa questione si ripropone un secolo dopo, di fronte all’impatto sempre più massiccio che l’IA ha nei settori produttivi – tra cui quello culturale – nel lavoro e nella vita quotidiana.

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NUOVE FRONTIERE MUSICALI

In ambito creativo alcuni strumenti li usiamo ormai da anni, senza più neanche renderci conto che si tratti di intelligenza artificiale. Da Alexa, che accompagna le nostre giornate e conosce i nostri gusti, a strumenti professionali che accorciano i tempi di lavoro. Nel settore musicale l’uso dei sintetizzatori, la computer music, l’elettronica esistono da almeno 50 anni e hanno aperto la strada a nuove frontiere musicali. Ma un conto è la sperimentazione, altro è l’uso amatoriale. Il problema nasce quando le due cose si sovrappongono e si confondono. 

UN USO CONSAPEVOLE DELLA TECNOLOGIA

Le tecnologie più avanzate possono essere uno strumento molto prezioso a disposizione di un artista vero, che le utilizza al servizio delle sue competenze musicali. Diversa è la situazione quando a comporre una canzone su un sito web è una persona senza particolari competenze musicali o autoriali. Che poi magari la mette su youtube. E poi magari fa milioni di visualizzazioni. E poi magari diventa il pezzo più streammmato dell’anno, e ci vince pure i premi.

Oggi quello che veramente è difficile da individuare è il confine tra l’uso consapevole o non consapevole dell’intelligenza artificiale. O forse sarebbe meglio dire la differenza tra l’uso al servizio di doti artistiche preesistenti e l’uso per sopperire alla mancanza totale di talento. Sarebbe anacronistico e iconoclasta scagliarsi contro il progresso e la tecnologia, e pensare a un mondo senza IA, sarebbe come pensarne uno senza frigoriferi. Ma la questione etica, filosofica – e per certi versi anche economica – è sempre la stessa: dominare la tecnologia, invece che farsi dominare da questa. Avere padronanza dei mezzi per il raggiungimento dei propri fini (il miglioramento, la sperimentazione, l’evoluzione artistica) piuttosto che far diventare l’uso di quei mezzi il vero fine. 

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AUTOTUNE, RISORSA O ESPEDIENTE?

Emblematico, in tal senso, è l’impiego dell’autotune, che di per sé è un mezzo utile e funzionale al raggiungimento di un fine. Software nato per supportare musicisti e cantanti nell’intonazione più corretta, è stato utilizzato da molti artisti, in Italia e all’estero, che ne hanno esplorato le potenzialità. Ne è nato un genere musicale come la trap. E poi un giro d’affari che ha fatto incassare milioni alle major. Ed ecco l’altra grande questione: l’industria musicale presidia i nuovi spazi di libertà – come quelli offerti dalle piattaforme digitali – per farne nuovi mercati. È una realtà che si sta già compiendo, come ciclicamente avviene nella storia.

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TALENTO VS PROFITTO

Ma gli spazi di libertà sono – per definizione – liberi, e forniscono un accesso semplice e immediato a un pubblico potenzialmente infinito. Se l’intelligenza artificiale viene impiegata come espediente per prescindere dal talento umano, il fine ultimo diventa il fatturato. A quel punto tutto è arte, quindi niente lo è. Come dice il proverbio: non è bello ciò che è bello, Ma è bello ciò che fa ascolti.