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“La sensazione è quella di ripetere le cose scontrandosi con due forze”. Sono le sette di sera, Stefano Massini sta per entrare in teatro. Parcheggia la macchina, ci sentiamo al telefono. Per quello che è successo a Firenze, anche lui non si dà pace.
Massini, poco più di una settimana fa a Sanremo “L’uomo nel lampo”, ma siamo di nuovo qui a parlare di operai morti sul lavoro. Perché non si riesce ad arrestare questa strage senza fine?
Da un lato, c’è il totale disinteresse da parte della politica che non ascolta. Io sono convinto che potrebbe fare molto per limitare queste sciagure, se non addirittura per evitarle del tutto. Potrebbe fare e non fa, perché questi morti sono invisibili, tranne quando accade qualcosa come a Firenze, o a Brandizzo. Altrimenti, queste morti non fanno notizia e restano completamente sospese nel vuoto. Dall'altro lato, c’è però un altro problema, con la P maiuscola: la mentalità delle persone. Nella testa della gente c'è, ahimè, un’idiozia ricorrente, ovvero l’idea che il benessere, l’agio, il progresso economico, possano avere un prezzo da pagare. Sgradevole, spiacevole, ma tollerabile. Le morti sul lavoro, appunto. Come dire che sì, insomma, qualcuno muore per il progresso, tutto sommato è un prezzo che la società può ben pagare. Come si fa quando si sperimenta un nuovo farmaco si usano gli animali come cavie in laboratorio, e se alla fine qualcuno sentirà meno dolore, vuol dire che tutto sommato quelle morti sono servite a far stare meglio, a guarire migliaia di persone. Ecco, questa è secondo me la ragione barbara che sta alla base del problema: nella mentalità collettiva, le morti sul lavoro sono inevitabili.
Possiamo aggiungere un terzo elemento, una sorta di vittimizzazione secondaria, per cui in maniera più o meno velata si fa passare il messaggio che la colpa sia anche dei lavoratori che non sono stati attenti?
Sì. Me ne sono reso conto anch'io proprio in questi giorni, da quando a Sanremo insieme a Paolo Jannacci, abbiamo creato questo momento emotivamente molto forte, parlando di morti sul lavoro su quel palcoscenico. Ho ricevuto tante email di persone che mi dicono che “la colpa è anche dei lavoratori, perché poi alla fine anche loro sono distratti”. Ecco, chiunque avesse l'interesse a farlo, è riuscito a diffondere questa errata lettura dei fatti, per cui tutto sommato chi se ne importa se il lavoratore non ha le tutele necessarie, l'importante è che stia attento. Come uno potesse, con l'attenzione, evitare che un pilastro gli cada addosso o una cisterna di acido esploda. Io sono rimasto molto colpito dal fatto che dopo questa strage a Firenze, le prime agenzie che uscivano riportavano che alcuni avevano il contratto da metalmeccanici, invece di quello degli edili. Poi è venuto fuori che c’erano degli irregolari, addirittura senza permesso di soggiorno. Io ho pubblicato un post con queste informazioni e in molti mi hanno risposto quasi irritati, scrivendo frasi come “e questo che c’entra? Perché, se fossero stati regolari il pilastro non gli sarebbe caduto addosso?” Questo ci fa capire quale sia il livello dell’ignoranza. Cioè, se affermi una cosa del genere, non stai capendo che la questione dell'essere o non essere regolare implica il fatto che tu abbia o non abbia delle tutele, o abbia fatto un corso di formazione per sapere come ti devi comportare in caso di crollo, dove ti devi trovare. Se sei stato raccattato per strada dal peggiore dei capi e messo a lavorare in un cantiere perché costi poco, finirai molto più facilmente per essere vittima di un incidente come quello capitato a Firenze.
Qualche tempo fa una in tv passò una campagna di comunicazione sociale in cui si invitava chi lavora a mettersi il caschetto, a proteggersi, a “ricordarsi di farlo”. Questo messaggio, soprattutto se di natura istituzionale, non ha l’effetto grave – comunicativo e non solo - di deresponsabilizzare le imprese?
Certo. Io da sempre mi batto per i diritti dei lavoratori e sul tema incredibile delle morti sul lavoro, e negli anni ho ricevuto tante storie, ci sono tantissime famiglie che mi hanno scritto, che avevano perso i propri cari o che magari hanno subito incidenti molto invalidanti. Una volta mi scrisse una persona raccontandomi di un suo caro morto in un'esplosione in una fabbrica, per colpa, come poi si scoprì, del datore di lavoro che aveva risparmiato sulla manutenzione e su tutte le dotazioni antincendio. All’indomani dell’incidente, cominciarono a chiedere ai colleghi se il defunto avesse l'abitudine di fumare sul posto di lavoro. Domande che chiaramente miravano a instillare il dubbio che se quella persona aveva usato un accendino era stato lui stesso la causa della sua morte. Il primo tentativo è sempre quello di spostare la responsabilità direttamente sul lavoratore: è il lavoratore che ha creato l'incidente, anzi paradossalmente ne è il colpevole, oltre che la vittima. Quando è morta Luana D'Orazio, la ragazza risucchiata dal telaio, tutti inizialmente gridarono che si trattava di una sciagura, di un incidente. Guarda caso è venuto poi fuori dalle immagini che al telaio su cui lei lavorava era stata rimossa la protezione che avrebbe evitato che lei venisse risucchiata dentro e uccisa. Quella protezione era stata rimossa per consentire al telaio di produrre una certa percentuale in più di prodotto durante un turno di lavoro. E sempre guarda caso poi si scopre sempre che dove si è verificato un incidente si era agito per anteporre il profitto, il prodotto e il guadagno all'umanità del lavoratore, alla sua tutela e al diritto che ha di tornare a casa la sera.
Qualche giorno fa la Cgil era a Firenze insieme a lavoratori, familiari, cittadini. Così come ogni giorno si batte nei luoghi di lavoro, ai tavoli di governo, per chiedere più salute e sicurezza. Lavoratrici e lavoratori nel frattempo continuano a morire. Persino dopo Firenze ce ne sono stati altri.
Adesso stiamo facendo tanto rumore. Io me ne occupo da tanto con libri, spettacoli, manifestazioni, e quest'anno a forza di rompere le scatole ci è riuscito addirittura di andare sul palco di Sanremo. Credo che questo sia comunque un elemento importante. Dobbiamo continuare a farlo, senza stancarci, senza farci prendere dallo sconforto. Dobbiamo assolutamente continuare, in modo ostinato e tenace. È l'unico modo, non c'è un altro.