Un modus operandi diffuso e che non riguardava solo la cooperativa in questione. Questo il commento della Slc di Milano al commissariamento di Fema per lo sfruttamento delle maschere teatrali. Al centro delle cronache negli ultimi giorni, “la vicenda smaschera – commenta la Slc – una pratica diffusa che non riguarda solamente la Cooperativa in questione”.

La categoria racconta che proprio nelle ultime settimane alcune lavoratrici e lavoratori si erano rivolti al sindacato, provenendo da diverse realtà milanesi dello spettacolo. Persone assunte dalla cooperativa Fema, ma anche da altre società, per lavorare all'interno e sostanzialmente alle dipendenze di importanti teatri.

“Le loro doglianze non riguardano soltanto il salario, con una paga oraria ben lontana dalla paga minima dei dipendenti diretti dei teatri – scrive nella nota la categoria che rappresenta i lavoratori dello spettacolo - ma più in generale la loro condizione lavorativa”. Secondo quanto illustrato dal sindacato, questi lavoratori hanno un contratto di lavoro intermittente e a chiamata senza formale obbligo di disponibilità e senza ovviamente la relativa indennità.

Di fatto, però, in molti casi sono obbligati a rispondere alla chiamata, pena il rischio (spesso concretizzato) di non lavorare più. Saltano spesso le pause e il riposo giornaliero delle undici ore tra una prestazione e l'altra. Alcuni di loro hanno grandi responsabilità anche riguardo alla sicurezza. Sostituendosi spesso al direttore di sala, fungono da preposti alla sicurezza durante lo spettacolo, pur non avendo svolto il corso obbligatorio e non avendone le relative competenze, né il giusto inquadramento e la giusta retribuzione.

“L'impegno di Slc è quello di lavorare per mettere fine a questo schema di sostanziale caporalato. Indagheremo anche sulle altre realtà teatrali della Lombardia al fine di porre le basi per stipulare, laddove possibile, accordi di internalizzazione e di stabilizzazione di figure così importanti e strategiche per il normale funzionamento di un teatro”.

Il riferimento c’è, ed è l'accordo sul lavoro intermittente e sulle maschere che la Slc ha stipulato con il Teatro alla Scala di Milano a giugno 2024, che prevede tra l'altro la durata di un anno del primo contratto e la previsione del rinnovo di anno in anno, fino a conclusione del ciclo di studi. In molti casi, infatti, a svolgere il lavoro di maschera sono giovani studenti universitari. 

“Siamo consapevoli che esiste un problema di sostenibilità economica di tante realtà culturali – conclude la nota della Slc –  Abbiamo sempre ribadito che la cultura e le sue realtà dovrebbero essere finanziate di più e con criteri diversi, quali ad esempio quello della buona occupazione! Ma non possiamo consentire che il problema dei finanziamenti ricada, come sempre, sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici”.