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Molti grandi, e classici, scrittori siciliani si sono confrontati col mondo violento e sotterraneo delle miniere di zolfo, delle zolfare. Così Leonardo Sciascia. Il tema della vita e del paesaggio minerario attraversa la sua opera. Lo scrittore di Racalmuto ne racconta in Le parrocchie di Regalpetra, in La corda pazza e in La Sicilia come metafora. Il nonno, il padre e il fratello di Sciascia lavorarono per la miniera, e quelle memorie dovettero restargli vive assieme ai racconti dei tanti carusi e zolfatari ascoltati sin da quando era un ragazzino.
La miniera, per uno scrittore, è deposito quasi infinito di lessico, terminologia tecnica e gergo operaio, odori, esperienze di sopruso, sconfitta, riscatto. Lo fu anche per Sciascia che, in parte, considerava positivamente l'industrializzazione mineraria nella Sicilia occidentale, comunque un progresso rispetto alla struttura agraria e feudale dell’economia siciliana. Ne Le parrocchie di Regalpetra scriveva: “Mi piaceva l’odore dello zolfo, me ne stavo in giro tra gli operai, guardavo lo zolfo scolare come olio dai forni, si rapprendeva dentro le forme, le balate gialle venivano poi caricate nei vagoncini, fino alla piccola stazione tra gli eucalipti”.
Una denuncia più schietta, sia sociale sia politica, emerge invece dallo splendido racconto L’antimonio (il pericoloso gas grisou nella lingua degli zolfatari), aggiunto nel 1961 a una nuova edizione de Gli zii di Sicilia. Qui la miniera è solo un luogo di pericolo e sfruttamento, un anfratto ctonio della terra dove l’esplosione del gas incombe quotidianamente. Il protagonista è un giovane zolfataro che, in epoca fascista, scappa dalla miniera e si arruola volontario nella Guerra civile spagnola (1936-1939). Si arruola nelle milizie fasciste, al fianco delle falangi di Francisco Franco. Ma, nel corso della guerra, capisce di avere scelto la parte sbagliata, comprende cosa sia il fascismo e, così come si era liberato della miniera, arriva a liberarsene.
Citazione
Fino all’arrivo in Spagna non capivo niente del fascismo, per me era come se non ci fosse, mio padre aveva lavorato nella zolfara, e anche mio nonno, e come loro io nella zolfara lavoravo: leggevo il giornale, l’Italia era grande e rispettata, aveva conquistato l’impero, Mussolini faceva discorsi che era un piacere sentirli.
La Guerra di Spagna fu un punto di svolta fondamentale per tanti italiani della generazione cui Sciascia apparteneva, nati, cresciuti, educati nel fascismo, quindi inesorabilmente, ‘naturalmente’ fascisti. Più ancora della guerra imperialista in Etiopia (1935-1936), fu il conflitto spagnolo tra Repubblica e fascismo ad aprire gli occhi a molti giovani, e allo stesso Sciascia. L’autore lo ricorda con queste parole: “Avevo sedici anni quando in Spagna esplose la guerra civile; ma non ne seppi niente, fin quando non vidi partire i ‘volontari’, i braccianti disoccupati del mio paese. Non poteva essere giusta una guerra in cui come ‘volontari’ venivano cacciati i morti di fame: ci doveva essere qualcosa nell'Italia di Mussolini e nella Spagna di Franco di ingiusto, di insensato, di indegno. E poi ecco, c'erano i preti, e dicevano che Mussolini e Franco stavano dalla parte di Dio, mentre dall'altra parte, dalla parte della Repubblica, c'erano Dos Passos e Chaplin”.
Uno di quei ‘volontari’ è il protagonista, senza nome, de L’antimonio. Giovane povero che dell’esperienza di guerra fa atto di conoscenza e metamorfosi antifascista.
Citazione
Mio zio ancora raccomandò "basse le acetilene" e un minuto dopo dal fondo della galleria venne un ruggito di fuoco, come avevo visto al cinematografo l’acqua precipitare dalle chiuse aperte, così il fuoco venne verso di noi urlando; ma questo sto pensandolo ora, non sono sicuro fosse proprio così, mi vedevo il fuoco sopra e non capivo niente, mio zio che gridava “l’antimonio” e mi trascinava, e io già correvo come in un sogno. Corsi anche dopo che uscii dalla bocca della zolfara, scalzo e nudo corsi per la campagna finché non sentii il cuore che mi schiattava, mi buttai a terra piangendo forte come un bambino e tremando. ... sempre avevo avuto spavento dell’antimonio perché sapevo che bruciava le viscere, così mio padre era morto, o gli occhi: conoscevo molti che per l’antimonio erano ciechi. L’indomani mi sentivo vecchio di cento anni, decisi che mai più sarei tornato alla zolfara. Sapevo che c’era una guerra in Spagna, molti erano andati a quella d’Africa e avevano fatto i soldi, uno solo era morto in Africa del mio paese. E poi morire alla luce del sole non mi faceva paura.
Citazione
Sapete che cosa è stata la guerra di Spagna? Che cosa è stata veramente? Se non lo sapete, non capirete mai quel che sotto i vostri occhi oggi accade, non capirete mai niente del fascismo del comunismo della religione dell’uomo, niente di niente capirete mai: perché tutti gli errori e le speranze del mondo si sono concentrati in quella guerra; come una lente concentra i raggi del sole e dà il fuoco, così la Spagna di tutte le speranze e gli errori del mondo si accese: e di quel fuoco oggi crepita il mondo.