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Il 2 dicembre del 1968 ad Avola, in provincia di Siracusa, una manifestazione a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di lavoro finisce nel sangue. Accusando i manifestanti di aver messo in atto un blocco stradale, quel mattino la polizia comincia a sparare ad altezza d’uomo e Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona vengono uccisi.
Decine saranno i feriti, alcuni gravi.
“Ad un tratto - racconterà anni dopo Angelo Minnino, testimone della strage - i fucili che prima sparavano in aria furono puntati ad altezza d’uomo. La vista delle fiammate che fuoriuscivano dalle canne dei fucili spianati, a prima vista non ci intimorì, già altre volte la polizia ci aveva sparato addosso a salve. Quando i compagni che ci stavano accanto cominciarono a cadere in terra colpiti, il panico ci prese tutti. Ci fu qualcuno che tentò una reazione rabbiosa, ma la violenza della polizia non si arrestava”.
“Tutto cominciò dieci giorni fa - riportava Mauro De Mauro sulle colonne de l’Espresso - quando i braccianti agricoli aderenti alle tre maggiori organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) decisero d’intraprendere una grande azione unitaria. Si trattava di ottenere un aumento del 10 per cento sulle paghe, ma soprattutto il riconoscimento di un elementare diritto fino ad oggi negato: la parità di trattamento salariale tra addetti a uno stesso lavoro in due zone diverse di una stessa provincia. Questo infatti è un paese in cui si può ancora morire battendosi non per equiparare i salari di Avola a quelli di Milano, ma per ottenere che il bracciante di Avola abbia un salario non inferiore a quello del bracciante di Lentini. (…) Per questo già due anni fa ci furono rivendicazioni e proteste, e a Lentini una serie di gravissimi incidenti con poliziotti e carabinieri. Anche allora si trattava di un’azione sindacale originata dal rinnovo del contratto di lavoro. Ma allora c’erano stati dei feriti. Oggi si piangono i morti. (…) Adesso, alle undici di sera, Avola sembra un paese di fantasmi. Dalle due del pomeriggio la vita si è fermata, i negozi hanno abbassato le saracinesche in segno di protesta e di lutto, le due sale cinematografiche hanno chiuso. Una folla immobile e muta indugia sulla piazza principale dove poco fa il sindacalista Agosta ha tenuto un comizio a nome della Federazione dei braccianti. In giro non si vede neppure una divisa. È come se l’intero paese stesse aspettando di riprender contatto con una realtà che tuttora appare incredibile”.
“La tragedia di Avola - commentava su L’Unità Emanuele Macaluso - dove ancora una volta si è sparso sangue dei lavoratori, non è solo un fatto siciliano. Con questo attacco, proditorio e meditato, le forze reazionarie nazionali hanno voluto montare una grossa provocazione poliziesca e politica nel tentativo di bloccare il grande movimento di lavoratori, di studenti, di popolo in corso da diverse settimane in tutto il Paese. Questo movimento non si fermerà. Respingerà ogni provocazione e andrà avanti, unitariamente e combattivamente (…). Da più settimane la grande stampa padronale conduce una campagna contro le rivendicazioni dei lavoratori, contro la richiesta di un reale ampliamento della vita democratica nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, invita perentoriamente i dirigenti del centrosinistra a stringere i tempi della crisi, a ‘mettere ordine nel Paese’. E noi sappiamo cos’è per certe forze l’ordine. Lo abbiamo visto in altre occasioni, anche in momenti di crisi politica, nel 1960 per esempio, e lo vediamo oggi, ad Avola. Non è certo difficile quindi individuare le forze che hanno spinto e hanno dato gli ordini per arrivare alla strage, perché di una vera strage si tratta”.
Una strage, l’ennesima, contro la quale il mondo del lavoro e non solo si mobilita: operai, contadini e studenti esprimeranno la loro protesta partecipando in tutto il Paese a scioperi, cortei e manifestazioni in modo possente e unitario.
Nel corso delle manifestazioni popolari, svoltesi con particolare forza a Firenze, Napoli, Roma (in occasione dello sciopero regionale per l’occupazione), Matera, Potenza, Latina, Perugia, Terni, Campobasso, Pesaro, Catanzaro, Crotone, Cosenza, L’Aquila, Chieti, Vercelli, Alessandria, operai, studenti e contadini porranno in primo piano la necessità e l’urgenza di imporre il disarmo delle forze di polizia e di garantire le libertà sindacali.
Il segretario generale della Cgil Agostino Novella – che partecipa alla testa della delegazione confederale ai funerali delle vittime – invia al ministro dell’Interno, Franco Restivo, un fonogramma in cui chiede, a nome della segreteria, che “a seguito dei gravissimi e tragici avvenimenti di Avola e in relazione alla giustificata e profonda indignazione dei lavoratori”, si diano disposizioni affinché “in occasione delle manifestazioni di protesta organizzate unitariamente in tutta la Sicilia dalle organizzazioni sindacali venga evitata l’interferenza della polizia”.
“Io credo - dirà Luciano Lama - che all’atto della formazione di un nuovo governo, che parla di Statuto dei diritti dei lavoratori e costituisce addirittura apposite commissioni tripartite per esaminarli, due cose vadano stabilite preliminarmente: il disarmo della polizia nel servizio di ordine pubblico e la concessione a tutti i cittadini di piena libertà di sciopero. Altrimenti parlare di Statuto dei diritti dei lavoratori diventa una presa in giro”.
“Se il mio primo impegno assunto quale ministro del lavoro è stato quello di venire ad Avola - dirà Giacomo Brodolini (il neo ministro aveva trascorso la notte del precedente capodanno con i lavoratori della fabbrica romana Apollon) - ciò non è avvenuto a caso. Era mio dovere rendermi conto di come situazioni economiche e sociali, che appartengono ad un’altra società e ad un altro secolo, ancora gravino sulla Sicilia e chiedano, soprattutto a chi ha la responsabilità delle maggiori decisioni, la attuazione urgente di politiche in grado di creare le condizioni per un definitivo superamento di ingiustizie antiche che suonano scandalo per un Paese civile, progredito, che voglia essere socialmente avanzato. I cosiddetti fatti di Avola non sono un evento occasionale ma il frutto di una condizione di arretratezza secolare che non può più attendere lente maturazioni. Non potremmo comprendere i motivi di quanto è avvenuto il 2 dicembre del 1968 se non fossimo in grado di intendere i problemi della Sicilia, così come storicamente si sono configurati, e non sapessimo estrarre da essi un giudizio severamente critico sull’azione stessa dei pubblici poteri dall’unità d’Italia a oggi. (…) Ma il governo della Repubblica fondata sul lavoro può e deve fornire una diversa risposta. (…) Ecco quindi che i problemi caratteristici del Mezzogiorno e delle aree depresse: insufficiente industrializzazione, disoccupazione, sottooccupazione, sottosalario, insufficiente salvaguardia dei diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione e dalla legge e definiti nei contratti collettivi richiedono soluzioni che non debbono rimanere scritte nei programmi dei partiti e dei governi ma tradursi in concreti provvedimenti ed in politiche reali. (…) Ma i drammatici avvenimenti che hanno scosso Avola e la nazione tutta per la carica dirompente che essi hanno, sollevano anche altri problemi che pur presentandosi con particolare gravità in queste ed altre zone del Mezzogiorno, sono problemi di ordine generale che riguardano direttamente un impegno del Ministro del Lavoro in quanto tale e a nome del governo di cui fa parte ed è espressione. Nella realizzazione del programma di governo, io desidero in primo luogo ribadire l’impegno di attuazione dello Statuto dei lavoratori e cioè di una politica legislativa per i lavoratori che si deve articolare in una serie di leggi. (…) Se vogliamo che il sangue di lavoratori come Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona non abbia più a scorrere come conseguenza di conflitti di lavoro, dobbiamo allora garantire alla forza pubblica mezzi adeguati ma che non siano tali da provocare nocumento all’integrità fisica e alla vita delle persone. Questo episodio si iscrive nella storia tanto frequentemente punteggiata dalla tragedia e dal martirio, dalla lotta per il progresso dei lavoratori e della società. Ma noi dobbiamo fare in modo che tali sacrifici non debbano ripetersi. Assumo dinanzi a tutti solennemente l’impegno di fare, con netta determinazione, quanto è possibile fare per affermare in modo profondo i valori della giustizia e della libertà nei rapporti di lavoro e nelle condizioni dei lavoratori”.
Al Senato Pci, Psiup, Psi e Indipendenti di Sinistra chiederanno, in dichiarazioni congiunte, oltre al disarmo della polizia la punizione dei responsabili dell’eccidio, il riconoscimento dei diritti e delle libertà sindacali, una serie di misure collegate alle lotte in corso (superamento delle zone, contratti dei braccianti, pensioni, riforma del collocamento). Ma per quelli che sono passati alla storia come "i fatti di Avola" non ci sarà mai un processo, non sarà mai individuato nessun colpevole.
“Non ce l’ho certo con lo Stato, noi abbiamo sempre avuto fiducia nello Stato, mio figlio è un poliziotto, ma vorremmo sapere chi è stato, chi ha ucciso mio padre e perché”, continua a chiedere Paola Scibilia, figlia di Giuseppe.
Una domanda alla quale sarebbe giusto poter dare una risposta. Perché qualcuno è Stato.