Giovedì 6 marzo, presso la sede nazionale della Cgil, è stata inaugurata "Le parole che non conosco", opera della visual artist Monica Pirone. La donazione è l’ultima di una lunga serie di opere d’arte che entra a far parte della collezione del principale sindacato italiano, visitabile nel palazzo di corso d’Italia, al civico 25.
Un'opera potente, un libro pop-up che si apre e si chiude come una favola, ma che racconta tutt'altro che una storia leggera: è un affresco visivo delle molteplici forme di violenza che affliggono il nostro tempo.
L’opera, che ora trova posto in uno spazio visibile a tutti, nasce dalla volontà di portare l’attenzione su temi drammatici come la violenza domestica, la violenza della guerra e quella sul lavoro. Non si tratta di una rappresentazione didascalica, bensì di una narrazione aperta, in cui ogni spettatore può attribuire significati personali alle sagome rappresentate. Come in un romanzo, l’interpretazione è libera, pur seguendo le linee guida dell’artista.
L’uso del bianco e delle differenti tipologie di carte che compongono l’opera, insieme alla forma pop-up – tipica delle fiabe per bambini – risponde alla necessità di rendere sopportabile la narrazione. Un modo per attenuare il grido della sofferenza, senza però distogliere lo sguardo dalla realtà. Il messaggio non è un invito a chiudere gli occhi, ma piuttosto a regolare il volume del dolore per poter lottare con più lucidità per il cambiamento.
Un elemento particolarmente forte nell’opera è il riferimento alla “Pietà palestinese”, ispirata a una foto simbolo di una donna che stringe il corpo senza vita della nipote. Un gesto che richiama la sofferenza delle madri in territori di guerra, sottolineando la necessità di empatia e solidarietà. Allo stesso modo, l’opera include riferimenti diretti all’assalto alla sede della Cgil del 9 ottobre 2021, con le sagome dei protagonisti riprese da screenshot di quella giornata.
"Le parole che non conosco" è una denuncia, ma anche un invito all’azione. L’arte, nella sua capacità di sintetizzare il dolore e trasformarlo in consapevolezza, trova in quest'opera una delle sue espressioni più intense e necessarie. Una testimonianza visiva che, pur affrontando tematiche drammatiche, mantiene un linguaggio accessibile, aperto al dialogo e alla riflessione. Un’opera che, come sottolinea la stessa Monica Pirone, non invita a rassegnarsi, ma a reagire, a cercare un altro genere di potere: più empatico, più accogliente, più umano.
Questo lavoro è stato concepito in collaborazione con il compositore Eugenio Scrivano, in occasione di una esposizione alla Biblioteca Vallicelliana di Roma nel 2023. Accostando il cellulare al QR code e indossando le cuffie è possibile ascoltare la colonna sonora e fruire di un’esperienza totalizzante.