Nel 1929 Stefan Zweig scrisse il racconto Mendel dei libri per omaggiare uno dei pilastri della società di allora: il libro. Il protagonista, Jacob Mendel, enciclopedia letteraria vivente, trascorre le giornate all’interno del Caffè Gluck leggendo e ignorando la vita circostante, al punto da non rendersi conto dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.

A quasi un secolo di distanza, nelle nostre città, sepolti tra pile di libri usati, lavorano uomini e donne che vivono da Jacob Mendel dei nostri tempi. Il loro mondo è meno romantico di quello della novella di Zweig, assomiglia più al verso di Vasco Rossi “è tutto un equilibrio sopra la follia”, equilibrio nel rispettare le scadenze, nel tenere in ordine i conti, nel cercare i modi per non affondare.

In Italia le librerie dell’usato non sono considerate un presidio culturale, eppure tramandano opere preziose, introvabili, fuori catalogo, realizzate da scrittori noti o di cui non si parla più perché i loro libri non sono stati ristampati e la morte li ha condannati per sempre all’oblio.

Roma, fino a qualche anno fa, poteva vantare una cinquantina di librerie dell’usato – oltre agli storici banchi nel mercato di Porta Portese – che ne facevano una delle città più vive e interessanti dal punto di vista della bibliodiversità. Oggi la situazione è cambiata: quelle rimaste aperte sono circa una ventina. Gli altri librai, non riuscendo a pagare l’affitto, utilizzano le piattaforme di vendita online come eBay o Abebooks, oppure scelgono di girare per fiere e mercatini, oppure – è il caso della ‘Simon Tanner’ (ne abbiamo parlato qui) – lasciano la Capitale per luoghi più accessibili e incontaminati.

Libri Necessari, esempio di resistenza

“Quasi tutti i librai di Roma svolgono due o tre lavori in contemporanea per poter sopravvivere – racconta Michelle Müller della storica ‘Libri Necessari’ (ha appena compiuto 23 anni, un vero record) nel rione Monti – C’è chi fa traduzioni, chi insegna, chi lavora nel terzo settore. Le istituzioni non ci hanno mai sostenuto economicamente, non ci considerano un presidio sociale e culturale sul territorio, eppure dovrebbero, perché siamo tra i pochi capaci di contrastare la proliferazione di minimarket e depositi bagagli, costruire i lettori del futuro, mantenere una bibliodiversità ed essere un punto di riferimento per il quartiere”.

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Prima che il centro di Roma si spopolasse, trasformando rioni storici come Monti in aree dove mangiare e dormire, i residenti frequentavano le librerie. Oggi questo avviene nei quartieri più residenziali, o periferici, ma si è perso tanto in termini di contatto con il libraio, verrebbe da dire che il contatto umano è diventato secondario. “Le librerie dell’usato sono sempre state librerie dipendenti dall’amicizia, il legame con i suoi frequentatori è fondamentale – continua Michelle – In questi anni, in particolare dopo la pandemia, il volto del quartiere si è radicalmente modificato, causando un passaggio sempre minore di persone. D’altronde, se la vita reale viene sostituita da una artificiale, come se ci fossero delle ‘quinte teatrali’ che si alzano in favore del turismo e del commercio, è normale che si arrivi alla desertificazione di luoghi autentici come le librerie o le botteghe storiche. Per l’umanità che passa, siamo una parete muta”.

A Piazza Vittorio c’è Esquilibri

Proprio per parlare con una voce unica, forte e chiara, una decina di anni fa la maggior parte delle librerie dell’usato di Roma si sono riunite e hanno dato vita all’Associazione Pagine Romane, con l’obiettivo di far conoscere il lavoro delle librerie attraverso maggiori iniziative sul territorio. Nel momento in cui si costituirono, la Capitale era l’unica grande città italiana priva di una fiera dedicata ai libri antichi e d’occasione. Il primo tentativo di realizzarne una ci fu nel 2013, quando il Comune di Roma concesse per due mesi i marciapiedi esterni ai giardini di Piazza Vittorio, all’Esquilino, per un numero limitato di 20 spazi e con costi per ciascun libraio di circa 300 euro a giornata. Prezzi da capogiro.

A Milano, per la storica manifestazione ‘Vecchi libri in piazza’ – che si svolge a due passi dal Duomo, in un’area comunale, ogni seconda domenica del mese – gli spazi concessi sono un centinaio e il costo è di circa 700 euro per 10 mesi, divisi in due rate, più 30 euro al mese per avere a disposizione tavoli di 4 metri e due sedie.

Oltre i costi proibitivi per i librai, a tenere banco nel 2013 fu un contenzioso, finito anche al Tar del Lazio, tra il Comune di Roma e l’associazione che occupava i portici per un mercatino. Finì che non se ne parlò più.

Arriviamo al 2020, anno in cui vennero riqualificati i giardini di Piazza Vittorio. I comitati di quartiere si dissero favorevoli a ospitare una manifestazione di libri usati. Ma prima la pandemia, e poi il cambio di amministrazione, bloccarono questa possibilità. Fino allo scorso anno, quando il I Municipio ha promosso un bando triennale, vinto da “Esquilibri” (come è stata ribattezzata la mostra-mercato del libro usato e d’antiquariato). Così, ogni terza domenica del mese, i librai – non solo di Roma e non solo librai, ma anche banchisti con cartoline, fotografie e poster d’epoca – si ritrovano in piazza. Al momento sono 35 gli espositori, ma i posti a disposizione sono di più e la speranza dei librai è proprio quella di aumentare la partecipazione.

“L’Italia è unita nel non sostenere noi librai dell’usato”, spiega Antonio Conti, della libreria Serendipity di Corso Rinascimento, presidente dell’Associazione Pagine Romane. “Le amministrazioni che si sono succedute negli anni passati in Campidoglio sono rimaste a guardare, e il ministero della Cultura, che è il soggetto deputato al sostegno alle librerie, cosa ha fatto? L’ultimo provvedimento a favore delle librerie veicola risorse attraverso fondi allocati alle biblioteche pubbliche per l’acquisto di libri, ma taglia fuori il codice ateco degli esercizi dell’usato e dell’antiquariato. È una condotta discriminante”.

Secondo Conti, il modello da seguire dovrebbe essere quello adottato a Parigi. “Lì il Comune è un attore del mercato immobiliare, compra i negozi e cambia la destinazione d’uso in favore delle attività di pubblico interesse, come le librerie. In questo modo i librai hanno misure strutturali per sopravvivere”. E sulla mostra-mercato di Piazza Vittorio, Conti è chiaro: “Da qui vogliamo costruire un luogo dove interagire con i fermenti culturali romani che si sono assopiti negli ultimi tempi, ma ci sono. Vanno risvegliati. Dobbiamo creare le condizioni per riportare una fase di effervescenza, l’araba fenice dei lettori forti cova sempre sotto la cenere”.