GIuseppe Valditara torna all’attacco. Dopo aver aperto l’anno solare con una discutibile digressione per giustificare le braccia tese ad Acca Larentia, affermando in pratica che ciascuno è libero di onorare le vittime che vuole e come vuole, il titolare del dicastero dell’Istruzione (e del Merito, non vorremmo farlo arrabbiare) torna a occuparsi della sua materia, facendoci sapere quelle che saranno le novità contenute nelle nuove indicazioni nazionali a partire dall’anno scolastico 2026-2027.

Queste le principali: reintroduzione dello studio della lingua latina a partire dalla seconda media, seppur in forma opzionale; l’insegnamento a memoria delle poesie, in particolare nelle classi elementari; sempre per la primaria si fa poi riferimento al nostro “patrimonio storico”, ai “popoli italici, le origini e le vicende dell’antica Grecia e di Roma, le loro civiltà, i primi secoli del cristianesimo”. Un passaggio, questo, direttamente legato anche allo studio della Bibbia perché, come dichiarato da Paola Frassineti, sottosegretaria al ministero, il testo sacro ha ispirato “numerose opere di letteratura, musica, pittura, e influenzato il patrimonio culturale di molte civiltà”. Infine, la Geostoria tornerà a essere scorporata in Geografia e Storia, lasciando a quest’ultima il ruolo della “grande narrazione”, con l’obiettivo di allontanarla da pericolose “sovrastrutture ideologiche”.

Rileggendo il tutto, a dir la verità l’impressione è che siano proprio le sovrastrutture ideologiche del ministro a guidare molte di queste scelte, a partire dalla non meglio definita lettura della Bibbia nella scuola primaria, da sottoporre a bambini e bambine in una fascia d’età tra i sei e dieci anni quando ancora, chi vuole, non inizia nemmeno lo studio del catechismo.

C’è poi il grande ritorno della poesia a memoria, che va benissimo come esercizio in sé, meno bene se teso a riecheggiare un sistema di insegnamento che invece dovrebbe cercare di guardare un po’ oltre, specialmente in un ordine di studio, quello appunto delle scuole elementari, dove a non andar bene sono altre cose, dal poco spazio lasciato all’attività fisica a un apprendimento della lingua inglese ancora troppo “basico”, senza contare la spada di Damocle dei compiti a casa, assegnati ad alunni e alunne dopo otto ore di scuola quotidiana non considerando il valore del diritto al gioco, e le spese extra che le famiglie devono affrontare ogni anno tra mensa scolastica, materiale di cancelleria, uscite didattiche, laboratori teatrali o di altro genere, eventuali e varie.

E se è di certo condivisibile l’apprendimento della grammatica latina dalla seconda media, che agevola una conoscenza più completa anche della lingua italiana, non si capisce allora il motivo per cui, nel passaggio alle scuole superiori, pochi mesi fa le indicazioni ministeriali siano state quelle di incentivare le iscrizioni presso istituti tecnici e professionali, a scapito dei licei, addirittura assicurando risorse economiche a quei genitori intenzionati a seguire il consiglio, alle quali si è aggiunto un finanziamento di decine di milioni di euro a scuole paritarie (in troppi casi anche private), mentre molti istituti scolastici pubblici avrebbero bisogno di una bella ed energica manutenzione delle proprie strutture.

Un discorso a parte meriterebbe poi l’introduzione della Storia delle religioni, di cui tante volte abbiamo scritto qui: non perché non si debba leggere la Bibbia, ma per tentare, come la Bibbia insegna, un incontro ecumenico con il nostro vicino di banco, con il quale i grandi corsi e ricorsi della Storia, al di là di ogni ideologismo, ci invitano a confrontarci quotidianamente.

Rispetto alla sventagliata passatista di Valditara, la concreta realtà delle nostre aule sembra distare anni luce.