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Il primo Giardino dei Giusti, nato a Gerusalemme nel 1963, ricordava i Giusti non ebrei che avevano contribuito con opere meritorie a salvare la vita agli ebrei durante la Shoah. Con il tempo il concetto di "Giusto" è stato esteso a tutti coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e a tutti i totalitarismi. La legge istitutiva della ricorrenza, calendarizzata nel 2016, è stata approvata dalla Camera il 26 luglio 2017, e al Senato il 7 dicembre 2017, diventando così solennità civile.
I nuovi Giusti
Le figure approvate quest’anno sono: Gareth Jones, giornalista gallese, il primo a documentare l’Holodomor, scontrandosi con l’indifferenza dell’Occidente e la censura sovietica fino alla sua misteriosa morte; Alfreda Noncia Markowska, donna rom che durante il Porrajmos perse la sua famiglia ma rischiò la vita per salvare dallo sterminio il maggior numero di bambini, rom o ebrei; Hersch Lauterpacht, giurista britannico che ha posto l’individuo al centro del diritto e ha promosso a Norimberga l’idea di responsabilità personale di fronte a ordini inumani; Akram Aylisli, scrittore azero che ha denunciato le violenze del suo Paese contro gli armeni e sostenuto il dialogo tra i due popoli, pagando con un “esilio” nella propria terra.
Il Comitato ha inoltre approvato le candidature pervenute all’Associazione per i Giusti segnalati dalla società civile. Si tratta di: Don Girolamo Tagliaferro, Don Paolo Liggeri, Elvira ed Ernesto Cattaneo insieme a Madre Superiora Suor Teresa (al secolo Colomba Tamanza), Mussie Zerai, Lodovico Targetti, Luca Attanasio.
La testimonianza di Liliana Segre
“In giornate come queste ultime - affermava lo scorso anno la senatrice a vita Liliana Segre nel corso dell’evento 'Mai più genocidi, il comandamento morale dei Giusti', promosso dall'associazione Gariwo a Milano in occasione della Giornata - tv e giornali ci riportano a qualcosa che non avremmo mai neanche immaginato lontanamente in Europa, non avremmo immaginato di sentire così vicino a noi il rombo dei cannoni, case distrutte, le persone che piangono e muoiono. Io ho pensato ai quattro cavalieri dell’apocalisse, perché cosa ci manca ancora? La pandemia l’abbiamo avuta, la guerra, l’odio, la morte, la fame”.
“Incombe su tutti noi - ritornava a dire nell’ottobre scorso aprendo i lavori, ironia della sorte, della nuova legislatura - l’atmosfera agghiacciante della guerra, tornata in Europa, con tutto il suo carico di morte e distruzione. Mi unisco alle parole di Mattarella. La pace è urgente e necessaria”.
“Oggi sono particolarmente emozionata - aggiungeva - di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. Nel mese di ottobre, mese in cui ci fu la Marcia su Roma, tocca proprio a me. Il valore simbolico di questa circostanza casuale, si amplifica nella mia mente perché ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile per me non provare una specie di vertigine, ricordando quella stessa bambina che nel 1938, in un giorno come questo, fu costretta dalle leggi razziali a lasciare vuoto il suo banco della sua scuola elementare. Quella stessa bambina si trova oggi addirittura sul banco più prestigioso del Senato”.
“Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori - affermava nel suo primo discorso sul voto di fiducia al Governo nel 2018 - prendendo la parola per la prima volta in quest’Aula non posso fare a meno di rivolgere innanzitutto un ringraziamento al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale ha deciso di ricordare l’ottantesimo anniversario dell’emanazione delle leggi razziali, razziste, del 1938 facendo una scelta sorprendente: nominando quale senatrice a vita una vecchia signora, una persona tra le pochissime ancora viventi in Italia che porta sul braccio il numero di Auschwitz.
Porta sul braccio il numero di Auschwitz e ha il compito non solo di ricordare, ma anche di dare, in qualche modo, la parola a coloro che ottant’anni or sono non la ebbero; a quelle migliaia di italiani, 40.000 circa, appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che subirono l’umiliazione di essere espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società, quella persecuzione che preparò la shoah italiana del 1943-1945, che purtroppo fu un crimine anche italiano, del fascismo italiano”.
“Ho conosciuto la condizione di clandestina e di richiedente asilo -dirà - ho conosciuto il carcere; ho conosciuto il lavoro operaio, essendo stata manodopera schiava minorile in una fabbrica satellite del campo di sterminio”.
“Nel periodo passato all’interno del campo di concentramento di Auschwitz - diceva ai ragazzi e alle ragazze riuniti al teatro degli Arcimboldi la senatrice a vita raccontando di quando aveva avuto l’occasione di raccogliere la pistola di uno dei suoi carcerieri - mi ero nutrita di odio e di vendetta. Vidi la pistola e pensai: 'ora lo uccido'. Mi sembrava il giusto finale di quello che avevo sofferto ma poi capii che non ero come quegli assassini, non avrei mai potuto uccidere nessuno. E mentre la tentazione era fortissima la più grande che ho avuto nella mia vita, non raccolsi quella pistola (…) E da quel momento sono diventata quella donna libera e di pace che sono anche adesso”.
Una donna Giusta, alla quale non smetteremo mai di dire grazie.