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Già autore di Miseria puttana (2022), ambientato durante l’estate dei mondiali di calcio del 1994 negli Stati Uniti, sono ancora quattro ragazzi i protagonisti del nuovo libro di Massimo Boddi, sempre edito dai tipi la Bussola. Si tratta de Gli scarafaggi non si nascondono in casa, (pp. 140, euro 10). Anche stavolta sullo sfondo gli anni ’90, marchiati dalle ragazzine di Non è la Rai che sculettano sullo schermo del televisore di Ivano, sdraiato nel suo garage rifugio dell'intera banda, dove pulizia e ordine sono bandite irrimediabilmente, mentre l’immagine minacciosa di Saddam Hussein, costruita ad arte, ricorda che i venti di guerra non smettono di soffiare. Insieme a lui, nel condividere lo scorrere per inerzia del tempo di provincia, ci sono Mirko, Giorgio e Renzo, attorno ai quali ruotano personaggi femminili tutt’altro che irrilevanti, come Ludovica, Miriam, Carmen, altre figlie del popolo, quel popolo proletario destinato progressivamente all’estinzione.
Ma questi sono anni marchiati anche da una colonna sonora dall’impronta inconfondibile, con i Nirvana a farla da padrone, contornati da Soundgarden, Pearl Jam e altri, italiani inclusi sull’asse CCCP-Litfiba, ora tutti avviluppati nel nome del grunge, giunto in provincia partendo non a caso da altri garage, quelli di Seattle, dove sempre non a caso nacque Jimi Hendrix. Si spiega così la bella prefazione al libro di Ernesto Assante, a tutti noto come massimo critico italiano di musica, la cui firma può dunque inizialmente spiazzare il novello lettore, in realtà ampiamente giustificata dalle numerose citazioni in serie di vari brani del periodo, che dettano il ritmo delle pagine.
In quegli anni però Piombino non è soltanto il covo dei figli, la patria coatta di questo gruppo di ragazzi perdigiorno, avvezzi a perdere e perdersi volentieri anche la notte. Piombino è anche la città dei padri, padri che da anni lavorano sodo, lavorano duro, e ora si ritrovano nel bel mezzo della crisi che ha colpito l’acciaieria toscana, in quella fase storica durante la quale arrivò in soccorso il gruppo Lucchini dopo la dismissione Italsider, e i lavoratori sembrano tornare a respirare dopo una fase difficile, segnata da scioperi e licenziamenti, occupazioni e contrattazioni, pensionamenti anticipati e reintegri dell’ultimo momento. Le scorribande selvagge dei quattro amici s’intrecciano dunque con le battaglie operaie che hanno visto la città al fianco delle tute blu, come in questo passaggio ben riesce a rendere l’autore:
“Le tute blu dell’acciaieria hanno superato il mese di sciopero e c’è fermento per la nuova manifestazione. Centinaia di operai hanno occupato la vicina stazione di Campiglia Marittima, tanto che le ferrovie sono state costrette a disattivare la linea tirrenica, dirottando sulla Firenze–Roma tutti i convogli a lunga percorrenza. Qualcuno di loro s’è pure incatenato ai binari, chiedendo a gran voce l’intervento del presidente della repubblica. Intanto, il referendum di fabbrica ha già bocciato l’accordo tra sindacati e azienda: per ripianare la crisi dell’acciaieria di Piombino, l’intesa prevedeva di mettere fin da subito in cassa integrazione oltre settecento operai. I lavoratori si sono opposti chiedendo di riaprire il tavolo delle trattative. Sperando in un diverso accordo, più dignitoso e giusto, c’è parecchia agitazione. In occasione del nuovo corteo lungo le vie della città, anche Giorgio, Mirko, Ivano e Renzo hanno deciso di unirsi al malcontento dei lavoratori. Si danno appuntamento al garage di Ivano e si organizzano. Raccattano per strada un grosso scatolone, lo 106 Massimo Boddi sfasciano e ne ricavano una superficie abbastanza grande da scriverci sopra: OPPRIMERE GLI OPPRESSORI! e s’incamminano tutti fieri. Lungo la strada, come musica di sottofondo, Mirko pensa a «Search and destroy» di Iggy Pop”.
Attraverso un linguaggio in piena sintonia con la colonna sonora scelta, Massimo Boddi coinvolge il lettore in un ritmo serrato che pesca nella cadenza dialettale senza eccedere, anzi completando in questo modo la descrizione di protagonisti e circostanze a loro annesse e fotografando, a poche pagine dal finale, contorni e stati d’animo dei suoi protagonisti:
“Ma gli scarafaggi non si nascondono in casa. Non quelli come Giorgio, Mirko, Ivano e Renzo almeno. Vivono a cazzo loro, bruciando sul tempo dio e il destino, e non devono spiegare niente a nessuno. Sono capaci di superare qualsiasi sciagura. Non tutti ancora hanno avuto a che fare con il loro terremoto. Ma chi l’ha conosciuto, non lo dimentica. Saranno pure marci e sporchi, clandestini quanto basta, ma per niente imbecilli o disonesti, e non hanno paura di baciare la luce del sole. Anzi, ci si abbronzano con i vestiti scoloriti, gli sguardi sbucciati, magnetici, e il respiro spigoloso. Fighi da morire. Sono quelli che non fingono di avere privilegi inesistenti da portafoglio pieno e cuore vuoto. Sono quelli che fanno la rivoluzione tutti i giorni, costi quel che costi.”