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Voluto dalle Nazioni Unite, il Nelson Mandela International Day cade nel giorno della nascita del primo presidente di colore del Sudafrica. Istituito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2009 con la Risoluzione A/RES/64/13, è stato celebrato per la prima volta il 18 luglio 2010.
Nato a Transkei, in Sudafrica, figlio di un capo tribù, Mandela - il cui nome completo è Nelson Rolihlahla (“attaccabrighe” in lingua xhosa) - nel 1944 si unisce al Congresso nazionale africano operando attivamente per abolire la politica dell’apartheid stabilita dal Partito nazionale al potere.
Processato più volte per le sue azioni, dichiarava in un’appassionata arringa durante il suo processo nel 1964 davanti alla Corte suprema di Pretoria: “Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti potessero vivere uniti in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e che spero di ottenere. Ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”.
Condannato all’ergastolo tornerà libero, quasi settantaduenne, solo l’11 febbraio 1990. A 72 anni, dopo 27 di reclusione, era tra i più anziani prigionieri politici del mondo.
“È stata una giornata lunga, faticosa ed epica la prima giornata di libertà di Nelson Mandela - riportava l’Unità il giorno successivo - Una folla di migliaia di persone lo ha accolto all’uscita della prigione di Victor Verster da cui è uscito ieri alle 16 e 15”.
“Non poteva che uscire di prigione così - prosegue il racconto - a piedi, mano nella mano con sua moglie Winnie letteralmente raggiante. Lei per prima ha salutalo la lolla col pugno chiuso. Lui quasi intimorito, emozionatissimo, un sorriso appena accennalo, pareva spaventato dalla folla enorme che lo stava aspettando (…) Mentre procedevano a passi lenti verso il cancello di Victor Verster si sentiva chiaramente che stavano facendosi coraggio l’un l’altro. Tornavano alla mente le parole dei loro amici negli ultimi giorni, la paura di alcuni che Nelson potesse non farcela fisicamente e che la sua enorme forza di volontà non riuscisse a sorreggere un fisico di 72 anni duramente provato da ventotto anni di carcere. E invece Mandela ieri è uscito come un re, alto, elegante nel suo completo grigio-azzurro, un uomo (…) pieno di dignità. E a Victor Verster si respirava una allegria, una emozione profonda, una gioia incontenibile. (…) Tanti giovani che procedevano danzando e cantando, anziane e corpulente signore che portavano con fierezza per mano l’ultimo nipotino, distinte coppiette vestite di tutto punto, lui in cravatta, lei coi tacchi a spillo, tutti salutavano col pugno chiuso, sorridenti: «Amandla!, Mandela. Victory» (vittoria). E la liberazione di Mandela una vittoria lo è stata davvero”.
Alla liberazione seguiranno le trattative per la transizione democratica del Paese, le elezioni, gli anni della presidenza e poi dell’impegno umanitario con la sua fondazione prima del definitivo ritiro dalla vita pubblica. Il 10 maggio 1994 l’elezione a presidente del Sudafrica.
“Lo abbiamo capito ora - dirà nel suo discorso di insediamento - che non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo (...). Il tempo per la guarigione delle ferite è venuto. Il momento di colmare gli abissi che ci dividono è venuto. Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostra ora”. Madiba morirà, serenamente, a Johannesburg, il 5 dicembre 2013.
“Quando un uomo ha fatto quello che ritiene il suo dovere per la sua gente e il suo paese - del resto era solito dire - può riposare in pace”. Ai funerali - pochi giorni dopo - parteciperà probabilmente il più alto numero di personalità mai visto nella storia. “Non posso immaginare la mia vita senza l’esempio di Nelson Mandela” - affermava nell’occasione Barack Obama turbato fino quasi alle lacrime - Io sono stato una delle milioni di persone ispirate da Mandela. Mi ha dato l’idea di cosa si può raggiungere quando si è guidati dalla speranza”.
“Sono stato ispirato da Mandela”, raccontava l’allora segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: “Mi disse che erano state centinaia di migliaia di persone ad aver abbattuto l'apartheid, non lui solo. Fui colpito da queste parole. Come è possibile, mi chiesi, che un uomo non si attribuisca i meriti che tutti gli attribuiscono? Dobbiamo imparare da Nelson Mandela per fare in modo che questo mondo sia migliore”.
Lo stesso Dalai Lama dirà di “aver perduto un caro amico, un uomo coraggioso, di una integrità incontestabile. Il modo migliore per rendergli omaggio - affermerà - è di lavorare per la pace e la riconciliazione come ha fatto lui”. Nelson Mandela è una delle due persone di origini non indiane (l’altra è Madre Teresa) ad aver ottenuto il Bharat Ratna, il più alto riconoscimento civile indiano nel 1990. Ha inoltre ricevuto l’Order of St. John dalla Regina Elisabetta II e la Presidential Medal of Freedom da George W. Bush. Ruud Gullit, allora calciatore del Milan, gli dedicherà il pallone d’oro assegnatogli nel 1987.
“A differenza di Giulio Cesare - scriveva di lui il settimanale Mail & Guardian - Mandela resta nelle sale del potere politico il tempo sufficiente per non vedere il suo nome marchiato dall’infamia della dittatura o da quel tipo di malattia amministrativa e incompetenza che ci troviamo davanti oggi. Come Cesare ha tuttavia vissuto abbastanza per vedere la sua stessa persona diventare un marchio. In Mandela c’è l’icona, l’uomo e, innegabile, il mito”.
“Mi preoccupava molto la falsa immagine di me stesso che avevo proiettato - scriveva lui stesso in uno dei suoi appunti -. Nel mondo ero considerato una sorta di santo ma non lo sono mai stato, nemmeno se per santo si intende un peccatore che continua a provarci”.