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Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti, deputato e segretario del Partito socialista unitario, viene rapito sul lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma e ucciso.
Benito Mussolini ne ordina la morte per mettere a tacere le sue denunce di brogli elettorali attuati dalla dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924 e le sue indagini sulla corruzione del governo (già nel marzo 1922 - Società editrice Avanti! - Matteotti aveva pubblicato la famosa Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, in cui si denunciavano le violenze perpetrate dallo squadrismo fascista ai danni di militanti e istituzioni socialiste nel periodo compreso tra i primi mesi del 1919 e il giugno del 1921. Nel 1924 viene dato alle stampe il suo volume Un anno di dominazione fascista. Nello stesso anno, nonostante il ritiro del passaporto, si reca ugualmente a Londra. Qui incontra numerosi dirigenti del Partito laburista, delle Trade Unions e dell’Independent Labour Party e il 24 aprile, nel corso di una riunione del Tuc Congress allargata all’esecutivo del partito laburista, riferisce sulla situazione italiana e sulla minaccia del totalitarismo fascista. Sul movente del delitto la ricerca storica si sta confrontando da decenni. Una delle ipotesi più recenti spiega il crimine anche con la necessità del duce di tappare la bocca a Tempesta perché convinto che il giorno 11 giugno, il deputato socialista avrebbe rivelato gravi casi di corruzione di cui si sarebbero resi responsabili Mussolini stesso e alcuni gerarchi del partito).
Il 13 giugno Filippo Turati dà in Parlamento la notizia della sua scomparsa. “Il morto si leva - dirà due settimane più tardi - E parla. E ridice le parole sante, strozzategli nella gola, che furono da uno dei sicari tramandate alle genti, che son Sue quand’anche non le avesse pronunciate, che son vere se anche non fossero realtà, perché sono l'anima Sua; le parole che si incideranno nel bronzo sulla targa che mureremo qui o sul monumento che rizzeremo sulla piazza a monito dei futuri: “Uccidete me, ma l’idea che è in me non la ucciderete mai... La mia idea non muore…”.
Per protesta contro il rapimento del deputato socialista, tutta l’opposizione parlamentare si ritira sul cosiddetto Aventino. Il 26 giugno 1924 circa 130 deputati d’opposizione (popolari del Ppi, socialisti del Psu e del Psi, comunisti del Pcd’I, liberaldemocratici dell’Opposizione Costituzionale e del Psdi, repubblicani del Pri e sardi del Psd’Az) si riuniscono nella sala della Lupa di Montecitorio decidendo comunemente di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la propria posizione a proposito della scomparsa di Giacomo Matteotti.
Le motivazioni dell’abbandono saranno spiegate da Giovanni Amendola sul Mondo: “Quanto alle opposizioni, è chiaro che in siffatte condizioni, esse non hanno nulla da fare in un Parlamento che manca della sua fondamentale ragione di vita. (…) Quando il Parlamento ha fuori di sé la milizia e l’illegalismo, esso è soltanto una burla”. Nonostante le ricerche ininterrotte, il corpo sarà ritrovato per caso solo il 16 agosto nei pressi del comune di Riano dal cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza.
Al delitto Matteotti seguiranno mesi di braccio di ferro, in cui il governo fascista sembra sul punto di capitolare, ma il 3 gennaio 1925, con un famoso discorso alla Camera, Mussolini assume in prima persona la responsabilità politica del fatto affermando: “Ma poi, o signori - dirà - quali farfalle andiamo a cercare sotto l’arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento a oggi”.
“Signori - diceva del resto il duce nel novembre del 1922 - quello che io compio oggi, in questa Aula, è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato di speciale riconoscenza (…) Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”.
Almeno in questo primo tempo… “Portare ogni cura nell’adozione delle misure atte a garantire il mantenimento dell’ordine pubblico in qualunque circostanza - recitava un telegramma ai prefetti del gennaio 1925 - 1) chiusura di tutti i circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico; 2) scioglimento di tutte le organizzazioni che sotto qualsiasi pretesto possano raccogliere elementi turbolenti o che comunque tendano a sovvertire i poteri dello Stato; 3) lo scioglimento di tutti i gruppi dell’Italia libera (associazione antifascista di ex-combattenti) vietandone sin da ora qualsiasi attività; 4) vigilanza dei comunisti e sovversivi che diano prova o sospetto di attività criminosa procedendo a retate degli elementi pericolosi e avvertendo che ogni tentativo di resistenza deve essere severamente represso con ogni mezzo; 5) rastrellamento di armi illegalmente detenute operando oculate frequenti perquisizioni; 6) vigilanza rigorosissima sugli esercizi pubblici”.
In soli tre giorni saranno chiusi 95 circoli e ritrovi ‘sospetti’, 150 esercizi pubblici e 25 organizzazioni ‘sovversive’. Saranno messi sotto controllo 611 reti telefoniche e 4.433 posti pubblici, effettuate 655 perquisizioni domiciliari e 111 ‘sovversivi’ saranno arrestati. “Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere”. Sarebbe opportuno non dimenticarlo quando in televisione alcune cariche istituzionali fieramente ne mostrano il busto custodito nella propria abitazione.