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Questo pomeriggio (24 gennaio) la presentazione del volume pubblicato da Futura Editrice in cui Antonio Rubbi, deputato e stretto collaboratore di Enrico Berlinguer, ricostruisce sotto forma di memoriale l'esperienza maturata in Urss tra il 1958 e il 1964.
Durante l'evento, organizzato in collaborazione con la Fondazione Gramsci, l'autore dialogherà con Silvio Pons. Diretta su Collettiva a partire dalle 17.30.
Giovanissimo, Antonio Rubbi, non ancora inquadrato in ruoli di funzionariato politico, viene chiamato dal partito a trasferirsi a Mosca – dove rimane dall’aprile 1958 alla fine del 1964 – per frequentare dei corsi di formazione (alla Scuola superiore di partito e poi all’Accademia di scienze sociali). Un’esperienza intensa, fatta di luci e di ombre e, sul piano politico, di conferme e di frustrazioni, che Rubbi condivide con una delegazione di giovani militanti italiani (tra cui un simpatico "spilungone milanese", un poco più che ventenne Antonio Pizzinato, destinato a diventare quasi trent’anni più tardi segretario generale della Cgil) e che sarà in quegli anni vissuta, altrettanto intensamente, da diverse migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo – in particolare dai tanti paesi del pianeta dove erano in corso guerre d’indipendenza anti-coloniali – tutti o quasi accomunati da esistenze segnate da ristrettezze e povertà e dall’impossibilità, da parte delle famiglie di provenienza, di provvedere ai loro studi universitari.
Un’esperienza certo non agevole – studi così severi a una certa età, scrive Rubbi, "quando ormai più che allo studio ci si insegna a come costruirsi una vita" – e che, dopo alterni episodi (a cominciare dal matrimonio contratto nel 1963 con una ragazza moscovita), volgerà al termine, affrettando il rientro in Italia, a seguito di un avvenimento di politica interna sovietica giunto "inatteso e scioccante" a metà ottobre ’64: la brusca liquidazione dai vertici del Cremlino di Nikita Chruščëv. I miei anni a Mosca è indirizzato da Antonio Rubbi ai suoi nipoti americani Giacomo e Giulia, da cui, malgrado l’enorme affetto, si sente doppiamente separato: dal l’immenso Oceano Atlantico e dalla lingua; ma a trarne beneficio sono anche i lettori, affascinati dal racconto di dense vicende personali, capaci nello stesso tempo di assumere un valore storico e politico generale.