Si definiscono una giovane coppia di attori comici di mezza età. Andrea Appi e Ramiro Besa da oltre trent’anni si prendono in giro, e prendono in giro il mondo che li circonda. Con lo spettacolo Ho sempre fatto così, in cui parlano di sicurezza sul lavoro, il 12 aprile sono stati ospiti di un’iniziativa promossa dalla Cgil, a Prato Fiera a Treviso, a sostegno dei cinque referendum popolari. 

Papu, trentasei anni di carriera insieme. Com’è nato il vostro duo?

Abbiamo entrambi superato i sessanta, ormai. Ma ci siamo conosciuti ai tempi della scuola. Già allora fantasticavamo sul nostro futuro artistico, e poi ci siamo messi a realizzarlo. Poi nel 1995 ci siamo licenziati e ci siamo dati due anni di tempo per vedere se andavamo d'accordo e se quello che proponevamo potesse funzionare, ed è andata bene. Siamo ancora qua.

Com’è cambiato il mondo della comicità in questi trent’anni? Che ne pensate dalle nuove – e forse insidiose – opportunità offerte dai social e dai comedy talent?

È cambiato moltissimo, ma noi siamo un po' delle mosche bianche. Intanto siamo degli autodidatti, dal punto di vista della comicità, e poi siamo sempre stati e siamo tutt’ora liberi, purtroppo e per fortuna non legati ad alcun carrozzone. Abbiamo cominciato guidati dall’istinto e la cosa ci è riuscita. Noi esistiamo da prima di fenomeni televisivi come Zelig e Colorado, dove comunque siamo stati. Ma facciamo tanto teatro, giriamo molto ancora grazie al passaparola. Questo ci ha permesso di resistere anche quando certi fenomeni televisivi hanno monopolizzato la scena. Oggi ci sono i talent e ci sono i social, che di per sé non sono negativi. Anzi, a volte riescono a catturare anche la comicità involontaria. Poi c’è da dire che sono anche cambiate le tecniche della comicità e molti sono diventati famosi proprio grazie ai video, che hanno annullato il filtro televisivo, e quindi quello degli autori. Certo, si tratta di una comicità molto veloce, la nostra ha un respiro più teatrale.

Lo spettacolo si intitola “Ho sempre fatto così”. Come è nata la voglia di affrontare il tema della sicurezza sul lavoro usando il linguaggio della comicità?

Più di dieci anni fa abbiamo iniziato a lavorare con Anmil. Il presidente provinciale di Pordenone (noi siamo friulani) era un nostro fan e ci propose di pensare a un lavoro teatrale proprio sul tema della sicurezza. Nella nostra natura artistica c’è sempre stato l’interesse a prestarsi per progetti educativi, sketch didattici o con finalità sociali. Ci riconoscono e ci affidano spesso il compito di comunicare temi “seri” usando la comicità.

Per scrivere questo spettacolo a cosa vi siete ispirati?

Molta ricerca e molto studio, perché nel frattempo siamo diventati anche formatori, per la parte comunicativa, in diversi corsi. Andiamo nelle aziende a fare degli speech formativi e raccontare la salute e sicurezza in maniera completamente diversa dal solito. Partiamo dalle regole, dalle abitudini e dalle attenzioni richieste agli operai, ma proponendo un nostro libretto delle istruzioni scritto con un linguaggio ironico.

Il titolo “Ho sempre fatto così” evoca immediatamente la mancanza di una cultura della sicurezza.

Da noi in Friuli quando ti fai male, ti fai un taglio o qualcosa del genere, si dice "Vedi? Il lavoro è entrato in te". E quindi sì, è così. Noi abbiamo degli ottimi feedback sul nostro lavoro, perché con la comicità riesci a tenere alta la soglia dell'attenzione. Gli Rspp, i responsabili della sicurezza, ci raccontano che dopo i nostri incontri succede sempre qualcosa. La materia diventa un po' più “colorata”.

Lo spettacolo è stato ospite, come dicevamo, di un’iniziativa promossa dalla Cgil di Treviso sui cinque referendum. Andrete a votare?

Andremo a votare e voteremo sì, perché i referendum sono uno strumento straordinario. I quesiti, anche se specifici, riguardano scelte molto concrete. I licenziamenti, la sicurezza, bisogna entrare nelle fabbriche per capirlo. Che poi è una delle cose che più ci piace del nostro percorso artistico: portare il teatro in fabbrica, per stare sempre dalla parte di chi lavora.

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