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Proprio in questi giorni, nell’aprile del 1987, l’enigmatica scomparsa di Federico Caffè, uno dei più grandi economisti italiani, legato al mondo del lavoro e del sindacato, sorprese la pubblica opinione e l’intero mondo accademico, studenti compresi. Un mistero ancora insoluto a trentasette anni da quel giorno in cui, lasciata la sua casa di Roma, non lontana dalla Facoltà in cui insegnava, non ne fece più ritorno.
In questi anni molti libri sono stati scritti sulla sua vicenda, ma ancora nessuno ne aveva trattato in forma letteraria, eccetto L’ultima lezione. La solitudine di Federico Caffè scomparso e mai più ritrovato, scritto da Ermanno Rea (Einaudi 2008), e per certi versi La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia (l’edizione Adelphi è sempre del 2008), storia diversa ma simile in alcuni elementi, come le lettere lasciate da entrambi (Caffè e il fisico Ettore Majorana) prima di sparire nel nulla.
A cimentarsi in una complessa operazione letteraria che indaga l’esistenza e il mistero avvolto attorno alla figura di Federico Caffè è ora il libro Dove la luce di Carmen Pellegrino (La nave di Teseo, pp.192, euro 19), scrittrice e storica che già aveva lasciato incontrare con brillante efficacia la sua anima narrativa con quella della studiosa in testi quali ’68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie (2008), sino a La felicità degli altri (2021).
In un costante rimando tra realtà e fantasia, tentando di immaginare la sorte di Federico Caffè attraverso gli strumenti di una ricerca documentata che evidenzia l’indole della studiosa, Pellegrino riesce a ricomporre una storia che funziona anche grazie alla presenza di altri personaggi oltre al “Professore”, tra cui Milo, un uomo in disgrazia che vive per strada anche per le sventure che il capitalismo di ieri (e di oggi) procura alle vite umane, e un padre legato a princìpi ormai appartenenti a un altro mondo, attaccato ai ritmi quotidiani della terra da curare, e a un sindacato militante dal sapore ancora novecentesco, seppur d’epoca craxiana.
L’intervista audio a Carmen Pellegrino
Dal romanzo al saggio
Nicoletta Rocchi e il compianto Giuseppe Amari sono i due curatori di Federico Caffè. Un economista per gli uomini comuni (Futura editrice, pp. 542, euro 28), volume che raccoglie gli scritti di Caffè intorno ai temi più diversi, dalla cooperazione internazionale alla finanza, dalla storia del pensiero economico alla sua epistemologia, mantenendo sempre al centro della sua riflessione l’economia italiana, con particolare attenzione per le persone più fragili e svantaggiate, e studi approfonditi su lavoro e occupazione, che confermano il suo impegno per anni sostenuto direttamente, attraverso lezioni rimaste memorabili, nell’ambito della formazione sindacale. Un libro che, arricchito dalla prefazione del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, alle pagine dell’economista aggiunge interventi e testimonianze di chi ha conosciuto e lavorato con lui, ed è stato un suo studente.
Il senso di questo lavoro è stato ben restituito dall’atmosfera respirata lo scorso mercoledì 17 aprile in occasione della presentazione del libro, organizzata simbolicamente presso l’Aula Federico Caffè della Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza” di Roma, riempita da giovani studenti per l’occasione, alla quale hanno partecipato in qualità di relatori i docenti Maurizio Franzini e Paolo Paesani, l’economista Laura Pennacchi, la segretaria generale Flc-Cgil Gianna Fracassi, oltre la stessa curatrice Nicoletta Rocchi, moderati dal giornalista Carlo Clericetti.
Gli interventi che si sono susseguiti hanno ricordato la figura di Caffè, per lungo tempo docente di Economia politica presso la stessa università, non soltanto recuperando gli studi accademici più significativi, ma approfondendo anche l’aspetto umano del professore, anche grazie all’intensa visione del docufilm realizzato da Augusto Frascatani e Mario Tiberi, costituito da immagini di repertorio recuperate dagli Archivi Rai alternate ad alcune sequenze tratte dal film L’ultima lezione di Fabio Rosi (2001), nel quale Roberto Herlitzka regala un’altra magistrale interpretazione nel ruolo di Federico Caffè.
Il quale, in una delle interviste, risponde così al giornalista di turno: “Al posto degli uomini abbiamo sostituto i numeri, e alla compassione nei confronti della sofferenza umana abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili”.
Trentasette anni dopo la sua misteriosa scomparsa, i “riequilibri contabili” hanno inesorabilmente vinto la partita, e la compassione nei confronti della sofferenza umana sembra non abitare più i nostri luoghi.