PHOTO
Il 27 marzo 1985 un commando delle Br uccide Ezio Tarantelli, 43 anni, docente di Economia politica all’Università La Sapienza di Roma. Lo uccidono con venti proiettili, mentre sta andando a scrivere il manifesto politico in cui si chiede di votare no al referendum sulla scala mobile. Sul tergicristallo della macchina all’interno della quale verrà rinvenuto il suo cadavere la firma delle Br.
“È molto difficile tentare di ricordare, in questi giorni, quello che è stato per me, e per molti come me, un uomo come Ezio Tarantelli - scriveva il 2 aprile successivo Bruno Trentin (il testo sarà pubblicato su Conquiste del lavoro sei giorni più tardi) - Sento ancora, più che il dolore e la rabbia, l’angoscia di un dialogo, di un confronto affettuoso e appassionato, di un’amicizia che viveva di questa discussione e di questa ricerca, improvvisamente stroncate dalla bestialità di un assassinio ottusamente e volutamente ignaro della ricchezza umana, dell’entusiasmo, del rovello intellettuale che distruggeva la vita di Ezio”.
Questa amicizia, continua Bruno Trentin, “è cominciata sin da quando incontrai Ezio per discutere con lui di un centro unitario di ricerche del movimento sindacale e quando, immediatamente, si innestò nei nostri rapporti una discussione animata e aperta sui contenuti di quella attività di ricerca e sui contenuti stessi della strategia del sindacato, in una fase che già era e resta segnata dal riflusso della ‘crisi d’identità’. Il fallimento (prevalentemente per ragioni burocratiche e di ‘bottega’) del Centro di ricerca unitario - già questo obiettivo che egli sentiva con tanta forza e che riproponeva con ossessiva insistenza andava contro corrente rispetto ai tempi che si annunciavano - non interruppe questo rapporto. Anzi, per Ezio era come se il suo impegno in una organizzazione di ricerca della Cisl avesse accentuato il suo costante bisogno di verifica e discussione con gli altri, con le altre organizzazioni e con gli uomini che si era scelto come amici. Questa ispirazione unitaria che derivava dalla sua sofferta ma indefettibile scelta di campo nell’area della sinistra politica, costituisce infatti, nei contenuti stessi dell’opera di Tarantelli come ‘uomo del sindacato’, un filo rosso che non si spezzerà mai e che assicurerà sempre alle sue idee, alle sue tesi (anche le più discusse e discutibili) degli interlocutori attenti in tutto il movimento operaio italiano. Così è stato per la sua proposta di una politica salariale di anticipo innestata in una scala mobile che, in ultima istanza, doveva sempre assicurare un recupero del salario reale a carico delle imprese (con il conguaglio automatico a fine anno), combinata, come era, con una sua illuministica adesione alle versioni neo-operaistiche dello ‘scambio politico’, di cui, per parte mia, cercavo di dimostrare l’astrattezza e l’intrinseco decisionismo verticistico (…) Ezio si dimostrava sempre attento e preoccupato di fare i conti con le obiezioni e di ‘risolvere contraddizioni’, che magari coglieva in altri e non accettava per sé. E mi ricordo come egli ricercava, nelle discussioni con me, risposte puntuali all’esigenza di frenare e dissuadere la politica di slittamenti salariali che le imprese attuavano ad ogni revisione meramente quantitativa della scala mobile e come egli ritornasse con insistenza - anche se questa sua ‘modellistica’ mi convinceva molto di meno - alla definizione di uno ‘scambio politico’ che avesse fra i suoi attori un Partito Comunista assunto a pieno titolo nell’area di governo. Al centro della sua riflessione e della sua attività indefessa di elaborazione e di proposta vi era infatti l’assunzione piena di un ruolo del sindacato nell’economia e nel governo della società come soggetto politico a pieno titolo. Un ruolo di soggetto politico che trovava la sua legittimazione nella solidarietà che esso era capace di costruire fra tutti gli strati, i segmenti e le culture della popolazione lavoratrice”.
Era questa, a giudizio di Trentin, “la matrice culturale di una sua ricerca unitaria che non venne mai a compromessi con tatticismi meschini e con logiche di organizzazione. Ed era questa scelta di campo - non una generica adesione al sindacato - a costituire il tessuto robusto delle sue elaborazioni e delle sue positive provocazioni. Come nel caso dell’ultima sua fondamentale proposta dello ‘Scudo europeo per i disoccupati’. La dolcezza di Ezio, la sua straordinaria vitalità intellettuale, la sua instancabile volontà di convincere, di conquistare, di rassicurare quelli tra i suoi amici che, come me, erano dubbiosi o anche contrari a questo a quell’aspetto delle tesi, il profondo rispetto per l’altro, per le sue opinioni (mai immeschinite o ridotte a caricature), la disponibilità a rimettere in questione ipotesi che gli erano particolarmente care, queste qualità di cui tanto si è cercato di dire in questi giorni sono inseparabili per me da quella scelta di campo, morale e intellettuale, che egli aveva compiuto e sulla quale si fondava un’amicizia indistruttibile”.
“Hanno colpito con Ezio - concludeva il futuro segretario generale della Cgil - la parte viva, non conformista, irrequieta, non saccente, non appagata, non autosufficiente, che sta in ognuno di noi e, con essa, la sola ragione vitale di una nostra unità. Cercheremo di non farla morire. Con il suo aiuto”.
“Giorni tristi e assurdi - annotava qualche giorno prima sul suo diario - L’assassinio di Ezio Tarantelli mercoledì scorso. Una morte terribile anche perché così gratuita e casuale, come sono gli omicidi di questi terrorismi senza anima.
Dolore e rimorso anche per le molte litigate seppure affettuose con Ezio e per le mie irritazioni nei confronti dei suoi ingenui fanatismi per lo “scambio politico” e le invenzioni di seconda mano del Laboratorio Politico.
Anche qui - che paradosso in quella morte, astrattamente costruita per colpire un’immagine che era solo parto dell’autonomia del politico e dell’operaismo decisionistico! (…) Nei giorni precedenti l’attentato a Tarantelli era continuata la ginnastica giornalistica sulle successioni alla Cgil e la gara di elucubrazioni intorno alla competizione fra me e il povero Antonio - più degno che mai in queste circostanze. La piccola provocazione di Paese Sera ha quindi avuto un’eco assai diffuso - anche se ha poi avuto un effetto di boomerang. Il silenzio di alcuni nella riunione di martedì scorso era il silenzio di chi si è sentito colto con le mani nel sacco?”.