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In Italia è in atto un cambiamento sociale, economico e di rapporti tra le persone che la pandemia prima e la guerra dopo hanno accentuato, trasformando progressivamente il concetto di idea sociale sulla base del mutare delle condizioni materiali e di salute, dell’aumento della solitudine e delle paure, con una costante crescita di individualismo. La mancanza di risposte materiali e culturali ha incrinato un rapporto di fiducia con i cittadini, coinvolgendo anche il ruolo delle istituzioni con una quota crescente di quanti non si sentono rappresentati, allontanandoli dalla partecipazione non solo attraverso le astensioni, con evidenti problemi che questo comporta per la democrazia. In questa situazione il ruolo proprio e il contributo al Paese del sindacato devono essere fermi sui valori fondamentali, e devono contribuire al rilancio di forme partecipative e di aggregazione.
Costituzione e antifascismo sono la premessa; solidarietà, uguaglianza, antirazzismo, democrazia e partecipazione la diretta conseguenza che deve connotare il sentire collettivo valorizzando il ruolo e lo spazio pubblico, a partire dal concetto di universalità. Da Cerignola, in occasione del 65° anniversario della scomparsa di Giuseppe Di Vittorio, vogliamo ribadire l’attualità del suo pensiero.
Il periodo storico, quando nasceva Di Vittorio 130 anni fa, vedeva una condizione dei lavoratori senza diritti di cittadinanza. Egli fu il principale artefice dell’emersione di questi bisogni e delle lotte per conquistarli. L’insieme di tanti aneddoti su una vita straordinaria come la sua, può spiegare perché la narrativa rischi - a volte - di avere la prevalenza sul ricordo del suo pensiero sindacale. Pier Paolo Pasolini scrive nelle conclusioni del suo reportage in occasione dei funerali di Di Vittorio, parlando della moltitudine di persone presenti di fronte alla sede di Corso d’Italia, “Piangono, con una smorfia di dolore disperato....verso l’uomo per cui sentono tanto spontaneo affetto......., non si curano né di nascondere, né di asciugare le lacrime di cui hanno pieni gli occhi”. Raramente capitano persone così, ed è quindi naturale che la narrazione prenda il sopravvento, ma è sempre bene ricordare il merito delle sue scelte sindacali, di un pensiero innovativo e coerente, fondamentale ancora oggi per la Cgil e per tutto il sindacato confederale italiano. “Fare sindacato” per Di Vittorio significava “pensare sindacato”, con un giudizio su ogni intervento legato alle ripercussioni sulle persone e sempre da sottoporre alla decisione di chi lavora. È il concetto fondamentale di dignità e diritti del lavoro che da allora inizia ad affermarsi. Quel sindacato, la forza collettiva che portava a sintesi l’emancipazione della persona, segna il principio di fondo del sindacato confederale italiano; pensato, voluto e realizzato da un dirigente nato quando i primi passi del sindacalismo erano ancora legati alle logiche del mutualismo e della cooperazione. Unità dei lavoratori, conquiste materiali e diritti, responsabilità nazionale e interesse generale da allora si tengono insieme, l’una dipendente dalle altre, limitata senza le altre.
La Costituzione
Il ruolo fondamentale svolto dai lavoratori nella lotta di resistenza ha contribuito ad imprimere un segno indelebile al rapporto Costituzione-democrazia-lavoro. La Costituzione repubblicana contemporaneamente eleva il lavoro a valore di riferimento ed è sentita come frutto di una lotta di emancipazione e di condivisione di valori in cui, per la prima volta, uno Stato, spesso precedentemente estraneo o nemico, diventa anche lo Stato dei lavoratori. Per questo il paradigma Costituzione e anti-fascismo è così importante per il movimento sindacale: valorizza le garanzie democratiche e il valore sociale del lavoro. Oggi è tema di straordinaria attualità, allora rappresentava un’intuizione rivoluzionaria perché la storia politica italiana era basata sulla reversibilità dei diritti sociali e del lavoro. La Costituzione sancisce invece, in modo formale e sostanziale, la irreversibilità dei principali diritti, come Giuseppe Di Vittorio ebbe a dire durante la 3a Sottocommissione per la Costituzione: “Gli interessi che rappresentano e difendono i sindacati dei lavoratori sono interessi di carattere collettivo e non particolaristico ed egoistico; interessi che in linea di massima coincidono con quelli della nazione”.
L’irrevocabilità dei diritti del lavoro è un assunto centrale del patto costituzionale, che rende anche per questo la Costituzione così attuale ed importante nel sentire collettivo. La sua attualità è evidente, così come è evidentemente un alibi per chi vorrebbe manometterla, usare la motivazione per una sua revisione a circa 70 anni dalla sua approvazione. In tanti altri paesi, per Costituzioni molto meno innovative nessuno propone di cambiare. Non solo per il fondamentale articolo 1 che fonda sul lavoro la Repubblica italiana, ma per tanti altri aspetti a partire dall’articolo 3 che identifica come compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, l’opposto delle diseguaglianze.
Un punto centrale dell’intervento al Senato di Liliana Segre in apertura dei lavori della nuova Legislatura è quando afferma “...il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione... In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi....”.
Avere fatto queste scelte all’interno del testo costituzionale non significa di per sé aver reso immediatamente fruibili tutti questi obiettivi, ma che dal quel concetto fondamentale non si può più arretrare. Valori sociali condivisi, interessi del lavoro come interessi generali del Paese e quindi da estendere a tutti. E’ il concetto che connota il sindacato confederale italiano come elemento di raccordo tra società e Stato. Quello che per sua natura non può essere un sindacato di mestiere ma neanche un sindacato corporativo.
Diritti
Ogni avanzamento sociale è frutto di rapporti di forza, di concezione del modello di società ma anche, e fondamentalmente, della capacità di proposta e di fare diventare queste proposte sentire collettivo. Nasce così il progetto del Piano per il lavoro. Siamo fra il 1949 e il 1950, Di Vittorio sa bene che nell’immediato non ci sono condizioni certe per la sua realizzazione ma avanza lo stesso la proposta. Le risposte del Governo, della politica, degli imprenditori, furono negative; le altre organizzazioni sindacali furono fin troppo tiepide. La stessa idea dello Statuto dei diritti dei lavoratori, lanciata da Di Vittorio nel 1952, fu realizzata ben 18 anni dopo. Ma Di Vittorio era uomo che, da bracciante, sapeva bene che per avere un buon raccolto è importante, decisiva, la semina e - infatti - negli anni successivi, alcuni dei provvedimenti dei governi furono evidentemente contaminati da quelle proposte. Le motivazioni a premessa del Piano e dello Statuto, sono straordinariamente attuali, si intrecciano in maniera significativa con l’attuale piattaforma unitaria sindacale e con la proposta di nuovo Statuto dei diritti avanzata dalla Cgil. Oggi, prospettive così lunghe potrebbero apparire irreali, ma sono state la premessa per tante conquiste contrattuali e sociali.
Autonomia
Cosa ha sempre reso possibile e credibile questa concezione della prospettiva per il sindacato? Una fortissima idea di autonomia anzitutto. Pensiamo all’epoca, Di Vittorio era un esponente importante del Pci e Segretario generale della Fsm. Eppure, non ebbe esitazioni a portare tutta la Cgil a condannare i fatti di Ungheria. L’idea che la pace e la democrazia non si esportano con la forza e le guerre è dunque idea fondante della Cgil. Autonomia dei partiti, governi e imprese, non ha mai significato indifferenza rispetto ai valori da cui siamo nati. L’abbiamo sviluppata e affinata in forme via via sempre più precise, dal superamento irreversibile delle componenti, fino alla definitiva trasformazione in sindacato dei diritti e di progetto, così come sancito nel nostro programma fondamentale. Questo filo rosso di Di Vittorio resta attualissimo nella realtà odierna. Un motto della sua epoca, “Stare dalla propria parte”, per lui significava una cosa sola: con i lavoratori, perché loro erano la “sua parte”.
Unità sindacale
Per Di Vittorio è evidente la convinzione dell’equazione che il popolo lavoratore era esso stesso l’Italia, e i suoi interessi, un interesse generale. L’unità era la condizione per realizzare tutto questo: declinata come unità antifascista, come unità nelle trattative del Patto di Roma, come unità sempre da ricostruire, con la capacità di tenere insieme culture e ispirazioni diverse. La Cgil unitaria è la prima organizzazione di massa che rinasce in Italia nei drammatici anni tra il 1943 e il 1944. Da allora è sempre stata al centro delle scelte di Di Vittorio, scontando possibili disaccordi ma puntando sempre a ricomporre l’unità. Tutto questo in anni in cui la ristrutturazione del grande capitale e la disgregazione di vecchi tessuti sociali e una forte repressione antisindacale spingevano verso forme accentuate di identità. L’unità è sempre stata la sua stella polare. E’ altrettanto fondamentale oggi di fronte a pericoli di involuzione delle dinamiche dei valori nella nostra società.
È responsabilità primaria del sindacato ribadire il suo storico ruolo di raccordo fra società e Stato. Proprio perché alcuni dei temi di divisione che giustificarono e favorirono la rottura sindacale non esistono più, la responsabilità è ancora più grande a fronte delle crescenti differenze e diseguaglianze. Ciò non significa una scarsa attenzione al valore dell’organizzazione, tutt’altro, come Di Vittorio fece promuovendo il ruolo delle Camere del lavoro e del territorio per svolgere, assieme alle categorie, il ruolo di soggetto della contrattazione.
A partire dalla rappresentanza e rappresentatività. Per questo è così importante l’accordo sulla certificazione della rappresentanza, elemento comune di fondo dal quale il sindacato italiano deve ripartire. Per qualsiasi organizzazione che intenda rappresentare direttamente milioni di persone il tema è decisivo, alternativo a un modello sociale neo-corporativo in cui ci si autolegittima reciprocamente, rendendo residuale il ruolo delle persone. Chi e quanto si rappresenta, attraverso percorsi trasparenti e certificati, eleggendo le rappresentanze unitarie nei posti di lavoro, sottoponendo gli accordi al giudizio dei lavoratori, sono gli aspetti fondamentali della proposta sindacale, che coniugano in maniera avanzata un tradizionale confronto fra sindacato degli iscritti e sindacato di tutti i lavoratori, attraverso una proposta di grande sostanza democratica.