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Il sindacato rappresenta un punto di osservazione privilegiato per lo studio della storia contemporanea. Ciò è ancora più vero per il “caso” italiano nel quale, proprio partendo dalla storia del movimento sindacale - e della Cgil in particolare -, è possibile analizzare in modo più preciso e puntuale il ruolo delle classi dirigenti politiche ed economiche, la natura delle istituzioni, l’evoluzione del sistema produttivo, la dialettica tra le classi sociali, le culture popolari, le identità territoriali e professionali.
Al centro di tale affresco storico si situano i due concetti costitutivi della Cgil: il valore sociale del lavoro, cioè la sua capacità di agire in modo organizzato e collettivo per ridurre le disuguaglianze e per promuovere le libertà; e il valore della confederalità, attraverso il quale il sindacato riesce pienamente a rappresentare e tutelare l’interesse generale delle classi lavoratrici.
Il presente manuale - inizialmente progettato per la formazione interna di delegati e funzionari, ma divenuto nel tempo un’efficace sintesi rivolta anche ad un pubblico più ampio - realizza l’obiettivo di raccontare in modo divulgativo la storia centenaria della Confederazione generale italiana del lavoro, posizionandola all’interno di una vicenda più ampia, fatta di avvenimenti politici, trasformazioni economiche, mutamenti sociali e culturali.
Per arricchire un racconto già suggestivo, l’autore aggiunge interessanti documenti storici, nonché brani di dirigenti o personaggi pubblici che descrivono alcune idee fondamentali del sindacalismo; accompagna il testo con foto, quadri, citazioni e schede di approfondimento; inserisce pagine di storiografia e brevi bibliografie di orientamento, nelle quali sono indicati sia i “classici”, sia gli studi più recenti di storia del movimento sindacale.
Il significato di questa operazione culturale, promossa dall’area organizzazione della segreteria nazionale della Cgil, è chiaro. Vorrei provare a riassumerlo richiamando le parole del più importante sindacalista della storia, Giuseppe Di Vittorio. In un suo celebre discorso tenuto a Milano nel 1951 in occasione del sessantesimo anniversario della locale Camera del lavoro, egli invitava i dirigenti sindacali a “incoraggiare i giovani a studiare la storia del nostro movimento operaio”; “uno studio - proseguiva Di Vittorio – non soltanto dilettevole e interessante dal punto di vista culturale; ma anche uno studio proficuo per la formazione dei nuovi dirigenti sindacali di cui il nostro movimento ha estremo e urgente bisogno”.
E più avanti aggiungeva: “Partendo dagli insegnamenti che noi ricaviamo da tutta la storia del movimento sindacale, dalle sue origini fino ad oggi, noi non ci limitiamo ad esprimere la nostra fierezza per il contributo validissimo portato dal popolo lavoratore al progresso generale del Paese. Noi vogliamo utilizzare l’esperienza che deriva da questo movimento per fare di nuovi e più grandi passi in avanti”.
Con poche e chiare parole il segretario della Cgil rivendicava con orgoglio il passato dell’organizzazione, elemento decisivo per la formazione e il consolidamento dell’identità confederale; purché tale “fierezza” si accompagnasse con la consapevolezza non solo delle tante pagine importanti scritte dal sindacato, ma anche dei limiti mostrati nel corso della storia dai suoi dirigenti.
Oggi, a distanza di oltre settant’anni da quel discorso, l’obiettivo resta quello di alimentare e tenere viva una storia collettiva che ha davanti sfide ancora molto impegnative. Anche il traguardo finale rimane lo stesso: agire per rendere più libero il nostro Paese, più giusta la società occidentale, più equilibrato il mondo globale.
Per questi motivi ci sarà ancora bisogno, ancora per lungo tempo, dell’impegno militante e della passione civile delle donne e degli uomini della Cgil. Impegno e passione resi ancor più necessari negli ultimi tempi sia dalle grandi trasformazioni strutturali del lavoro, del capitalismo, della competizione internazionale, sia dall’imporsi della pandemia da Covid 19. Cosicché, accanto all’inusitata pressione sul lavoro, sull’occupazione, sui diritti sanciti contrattualmente si afferma una pericolosa alternativa fra salute collettiva e individuale e salvaguardia dell’occupazione e della priorità del lavoro come fattore decisivo della vita sociale e della democrazia politica. Ed è questo, naturalmente, il terreno proprio che ha fatto e farà la storia della Cgil e della sua rappresentanza dei lavoratori.