Careseekers. In cerca di cura è un viaggio profondo e toccante al fianco di chi, con tanto passato alle spalle, pensa ancora al futuro. E di chi, per poter pensare al futuro, si sta perdendo il presente. Un documentario intimo e asciutto, che lascia spazio al dialogo e alla condivisione delle emozioni.

La trama 

Quattro storie, quattro racconti di cura che si incontrano in un surreale viaggio in macchina per la pianura padana. A ogni capitolo una delle protagoniste si aggiunge al gruppo, alla ricerca di una risposta alla grande domanda che anima l’intero racconto: “quale cura ci (a)spetta?”. Il documentario di Teresa Sala, però, accosta al tempo della trama anche quello della riflessione.

Un invecchiamento attivo

Un gruppo di donne adulte si riunisce in una sede dell’Auser, l’associazione dello Spi Cgil che si occupa di invecchiamento attivo. In questa occasione di condivisione affrontano le loro paure e le loro angosce alla luce di un doppio ruolo: quello di figlie che assistono madri molto anziane e con problemi di salute; quello di donne che s’interrogano sul proprio futuro di eventuale malattia, non autosufficienza, solitudine.

La dignità del tocco

“Come voglio essere trattata? Come voglio essere toccata? Cosa mi permetterà di considerare la mia una vita ancora degna di essere vissuta?”. Sono domande che ci riguardano tutti. Per alcuni più imminenti, per altri un richiamo importante al tema della cura, ma soprattutto, della dignità dell’essere umano, indipendentemente dalla propria condizione di forza o fragilità.

I protagonisti del viaggio

I protagonisti del documentario si svelano pian piano, passeggeri di un viaggio con una meta che resta chimera. Vanni e Natalia sono due anziani che hanno fatto da caregiver alle loro madri e ora si interrogano sulla vecchiaia che avanza e su chi si prenderà cura di loro. Vasilica è una donna rumena di 45 anni che fa la badante 24 ore su 24 a Miranda, signora ultranovantenne con demenza senile; è partita per l’Italia circa 15 anni fa, lasciando la sua vita e i figli ancora bambini, e adesso non sa più quale sia il suo posto nel mondo.

Nella casa di riposo Villa Antonietta la vita delle oss, quasi tutte ragazze giovani e straniere come Marienne, e quella delle residenti, signore delle Milano bene, si svolge tra faticose alzate e messe a letto, pappe e pannoloni, sorrisi e conflitti. In un piccolo paesino della Sardegna, Sandra e le sue amiche hanno deciso di provare a vivere insieme gli anni della vecchiaia in una forma comunitaria, col desiderio di trovare una strada di cura alternativa.

Careseeker e caregiver

Questo tipo di narrazione permette a chi guarda di assumere, di volta in volta, un punto di vista diverso, empatizzando con ciascuno di essi. La frustrazione generata da un caro che si ammala, il dispiacere che si trasforma in rabbia verso di lui, verso il tempo che ce lo porta via restituendoci un peso. La paura di diventare proprio ciò che abbiamo odiato, di essere colpiti dalla stessa malattia alla quale abbiamo assistito. Il senso di vuoto di chi rinuncia alla propria vita per colmare le assenze degli altri. La fatica di chi tutti i giorni si confronta con un lavoro usurante in una rsa. E, infine, la vulnerabilità di chi non è più padrone della propria esistenza, che ci spinge a riflettere su quanto possa essere degradante portare il pannolone, fare i propri bisogni senza alzarsi dal letto, perdere il senso della propria identità.

L’assenza di uno spazio pubblico di cura

Il grande assente in questa storia è il concetto pubblico di cura: la carenza di servizi, di personale, di mezzi. Questo film ci fa riflettere su ciò che siamo e su ciò che diventeremo, ma assolve anche al compito sociale di ricordarci il grande vuoto in cui migliaia di famiglie vengono abbandonate a se stesse. La fatica dei caregiver che, in assenza di politiche sociali e assistenza adeguate, rinunciano ogni giorno a un pezzetto della loro vita. Una simbiosi con i propri familiari, che col tempo dimentica di fondarsi sull’amore e affonda nella necessità.

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