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Fin dalla prima battaglia presso Alegría de Pío, il 5 dicembre 1956, Camilo Cienfuegos si distingue per il suo coraggio. La sua lotta lo porta prima in carcere e poi in ospedale. “Il mio vecchio - racconterà -stravolto dalla tensione e dall’emozione, levò la benda macchiata di sangue con cui mi aveva tamponato la ferita, e disse: E’ il sangue di mio figlio, ma è sangue versato per la rivoluzione”.
“Sono certo - scriveva nel 1956 ad un amico - che se tu fossi a Cuba resteresti sbalordito dalle cose che qui avvengono. I soprusi sono tali, che solo chi ne è testimone può convincersi della loro realtà”. Dal 1957 Camilo combatte a fianco del Che - con il quale nascerà una profonda amicizia - imponendosi, in breve tempo, come il leader dell’avanguardia. Nel gennaio del 1959 l’eroe dall’eterno sorriso è il primo comandante dell’esercito ribelle a entrare a L’Avana, celebrato da una folla adorante.
Dopo il trionfo rivoluzionario, l’attività di Camilo sarà decisiva per rinforzare l’esercito ribelle, unire le volontà del popolo, unire le forze in appoggio alle leggi e alle misure della Rivoluzione appoggiando il suo leader.
Tutti gli operai, tutti i lavoratori, tutte le diverse parti del popolo devono unirsi ogni giorno di più. È l’unità il trionfo. Nell’unità c’è il vero consolidamento della Rivoluzione e della libertà che oggi godiamo. (…) Non è necessario dire qui sin dove Fidel Castro farà arrivare la Rivoluzione Cubana. Questa Rivoluzione andrà sino ai suoi limiti finali, questa Rivoluzione andrà sino alla sua meta tracciata, questa Rivoluzione come nei giorni della guerra ha sue sole strade, vincere o morire. Perché è bene che tutti i compagni sappiano che questa Rivoluzione non si fermerà di fronte a niente e a nessuno. Sino a dove arriveremo, ci si chiede, e noi diciamo che con questa Rivoluzione arriveremo sino al finale. Andiamo a realizzare una vera giustizia sociale. Andiamo a togliere i contadini e gli operai dalla miseria che li tiene sottomessi agli interessi mossi oggi dalle corde della controrivoluzione. La Rivoluzione cubana non si fermerà davanti a niente. Se dovremo arrivare alla luna con un nostro missile, la rivoluzione cubana andrà sino alla luna anche in un missile.
Il comandante del popolo muore il 28 ottobre del 1959, nemmeno un anno il trionfale ingresso a L’Avana, in circostanze mai chiarite. La versione ufficiale parlerà di un incidente aereo causato dal maltempo, tuttavia i resti non saranno mai ritrovati e dall’aereo non partirà nessuna chiamata di soccorso.
“Camilo è stato il compagno di cento battaglie - dirà di lui il Che - l’uomo fidato di Fidel nei momenti difficili della guerra e il lottatore disinteressato che fece sempre del sacrificio uno strumento per temprare il suo carattere e forgiare quello della truppa. Camilo era Camilo, signore dell’avanguardia, guerrigliero completo che sapeva imporsi in quella guerra con la giovialità che sapeva tenere. Quel ‘vado bene?’ di Fidel, quando lo chiese a Camilo nella Città Militare, nei primi giorni o il primo giorno del suo arrivo a L’Avana, non significa che Camilo era casualmente al suo fianco, non significa che fu una domanda casuale, ma era la domanda fatta ad un uomo che meritava la totale fiducia di Fidel, per il quale provava come forse nessuno di noi, una fiducia e una fede assolute”.
“Quello che per noi, quelli che ricordiamo Camilo come una cosa, come un essere vivo, fu sempre maggiormente attraente - dirà - fu quello che attraeva anche tutto il popolo di Cuba, era il suo modo d’essere, il suo carattere, la sua allegria, la sua franchezza, la sua disposizione in ogni momento d’offrire la sua vita, correre i pericoli più grandi con una totale naturalezza, con una completa semplicità, senza la minima ostentazione del valore, della sapienza, essendo sempre il compagno di tutti, e anche se era già terminata la guerra, era indiscutibilmente il più brillante di tutti i guerriglieri”.
“C’è stato un Camilo, ci saranno molti Camilo”, ripeterà la sua gente e ancora oggi, il 28 di ottobre, in ogni parte di Cuba una moltitudine di donne e di uomini va in riva al mare o lungo il corso di un fiume e vi getta ‘una flora para Camilo’, un fiore per Camilo.
“E che i nemici della Rivoluzione non pensino che ci fermeremo - diceva pochi giorni prima di morire - che i nemici della Rivoluzione non pensino che questo popolo si fermerà, che quelli che inviano gli aerei non pensino, che quelli che conducono gli aerei non pensino che ci metteremo in ginocchio e che abbasseremo le fronti. Ci metteremo in ginocchio una volta e una volta chineremo la fronte e sarà il giorno in cui giungeremo alla terra cubana che custodisce 20.000 cubani per dire loro Fratelli, la Rivoluzione è fatta, il vostro sangue non è stato sparso invano!.