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L’11 giugno del 1984 è una di quelle date che sicuramente segnano la storia politica italiana, di certo quella del Partito comunista italiano che fu; è quella della morte di Enrico Berlinguer, stroncato da un ictus cerebrale dopo tre giorni di drammatica agonia, iniziata alla fine del famoso comizio in Piazza dei Frutti a Padova la sera del 7 giugno, portato avanti ostinatamente, sino all’ultima parola, malgrado il male incombente stesse già avanzando inesorabile.
Proprio questi drammatici giorni sono il cuore del libro curato da Piero Ruzzante (consigliere regionale veneto) e Antonio Martini (ufficio stampa Cgil Padova), dal titolo Eppure il vento soffia ancora. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer, appena pubblicato da Utet edizioni (pp.240, € 16), che scandisce i suoi capitoli sino al 13 giugno, rimasto negli occhi di ognuno per l’immenso saluto di popolo in Piazza San Giovanni.
In apertura il ricordo di Ruzzante, allora ventunenne e militante della Fgci locale, quando da Padova il feretro del segretario comunista intraprende il suo viaggio verso Roma, tra freddo e pioggia, e una moltitudine umana che si stringe per sentire meno la solitudine, gli operai su tutti, quelli delle officine meccaniche Stanga e della Magrini Galileo, incontrati da Berlinguer nel pomeriggio, appena arrivato in città. Quando il corteo raggiunge l’aeroporto Tessera, ad attenderlo uno striscione: “Addio Enrico, vivrai nelle nostre lotte”. Ecco, oggi possiamo scrivere, a 36 anni esatti dalla morte, che quello striscione coglie una piccola ma importante verità.
Perché se c’è una cosa che si riesce a notare da questa distanza, dopo tutto questo tempo, è che le idee di Berlinguer, quei famosi “pensieri lunghi” tanto spesso citati, sono arrivati sino a noi. Lo mostrano le battaglie sociali che richiedono maggior urgenza in questo nuovo secolo, a cominciare dall’ambiente, tema su cui nella seconda parte della sua carriera politica il segretario concentrò molte energie, sino alla famosa intervista “futuristica”, rilasciata a un allora insospettabile Ferdinando Adornato per l’Unità sull’interpretazione critica di 1984 di George Orwell, intitolata “Orwell sbagliava, il computer apre nuove frontiere”, passando attraverso acute riflessioni riguardanti lo sbarco dei canali privati, in particolare le ammiraglie di Berlusconi, nell’etere televisivo. Ironia della sorte, uno dei momenti raccontati in questa scrupolosa cronaca dai due autori ci ricorda come in realtà il comizio di Padova fosse previsto per il giorno dopo, l’8 di giugno, e che venne anticipato di ventiquattr’ore per permettere a Berlinguer di registrare a Milano una trasmissione per Canale 5, in vista del voto europeo. Chissà se, senza questo cambio di programma, le cose sarebbero andate diversamente.
C’è poi l’altrettanto celebre frase riguardante libertà e lavoro (ricordata in queste ore dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini), che recita per intero: “Noi vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane”. E qui si apre un’altra storia, un altro mondo che ancora ci appartiene, con il quale dobbiamo fare quotidianamente i conti.
Così come in questi 36 anni si sono fatti i conti con chi non ha condiviso l’operato politico di Berlinguer, o perché dall’altra parte lo considerò un vero e proprio nemico, il termine usato da Indro Montanelli su La voce per ricordarne la scomparsa nel 1994 (ma era un nemico che gli mancava), o perché dalla stessa parte molte delle sue scelte non vennero accettate, ed essere una brava persona, come tutti gli riconoscevano, non significava automaticamente essere anche un bravo stratega della politica.
Certo Berlinguer manca a molti, forse proprio perché essere una brava persona, visto il panorama politico a lui seguìto e qui giunto, in certe circostanze aiuta, o almeno consente di trasmettere il desiderio di una partecipazione, quella che una volta si chiamava militanza, progressivamente evaporata, probabilmente perduta per sempre. Altri tempi, si dirà, ed è così. Altre persone, però, e anche questo è un dato di fatto. Questo libro ne è l’ennesima testimonianza.