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Denis Diderot definì il Paradosso sull’attore quella sorta di apparente contraddizione per la quale l’interpretazione autentica non può essere raggiunta da un imitatore passivo e guidato da slanci romantici, ma solo da uno studioso razionale della natura umana. Se il filosofo francese avesse scritto il suo fondamentale trattato sull’arte drammatica non nel 1770, ma nel 2020, il paradosso da lui individuato sarebbe stato, forse, un altro: il mestiere che per eccellenza rende visibili tra tutti, su un palco o su uno schermo, trasforma chi lo svolge in un lavoratore più invisibile che mai, senza né diritti né tutele. Negli ultimi anni, il sindacato ha cercato di interrompere il corto circuito creato da disinformazione e difficoltà di intercettare un gruppo di lavoratori ontologicamente portati a una organizzazione del lavoro liquida, individualistica. L’emergenza sanitaria di questi mesi si è tradotta in un’urgenza di affrontare le criticità, costruendo un’identità di categoria.
Carlotta Viscovo, coordinatrice nazionale Sai (Sezione attori della Slc) perché per gli attori è sempre stato difficile iscriversi al sindacato?
Il nostro è un mestiere fortemente competitivo, che ci ha reso sempre più individualisti, quindi riconoscersi nella comunità di una categoria non è stato facile per gli attori, soprattutto a partire dagli anni ottanta. Una grande parte di responsabilità ce l’abbiamo noi stessi, bisogna ammetterlo. Ma bisogna anche dire che è il mercato che funziona così e che ci spinge ad essere estremamente competitivi
Tra gli attori aleggia costantemente la paura di non essere richiamati, di uscire fuori dal giro, se si chiede che i propri diritti di lavoratori vengano rispettati.
È vero, è così. Proprio per questo voglio subito partire da una precisazione concreta: di solito, per le altre categorie sindacali l’iscrizione è collegata anche alla richiesta dell’1% che deve versare il datore di lavoro. Nel caso degli attori e del Sai, invece, questo non è necessario. Lo esplicito in maniera diretta, perché questo significa che non si è obbligati a far sapere all’azienda che si è iscritti al sindacato. È capitato recentemente che una produzione ci ha inviato una richiesta per sapere se i suoi scritturati fossero iscritti al sindacato. Ma perché questa scelta personale, di consapevolezza dei propri diritti, deve costituire una pregiudiziale per i nostri datori di lavoro? Da questo, però, deriva il timore costante e diffuso di esporsi, sembra quasi che iscriversi al sindacato voglia dire automaticamente mettersi contro l’impresa. Ma non è così. Ci si iscrive al sindacato per aumentare la propria consapevolezza, per avere la garanzia che ci sarà trasparenza nella contrattazione, per fare in modo che ci sia chi vigila sempre sul rispetto del contratto collettivo nazionale della prosa, quando ognuno di noi firma un contratto individuale.
IL CCNL TEATRI STABILI PROSA 2018
C’è, probabilmente, anche una carenza di conoscenza su quello che il sindacato può fare per gli attori, non solo a livello di azione politica e di contrattazione. Quali sono forme di supporto concreto, nel quotidiano, che la Slc Cgil può dare?
La cosa bella che stiamo cercando di fare come Slc è che da un lato stiamo lavorando a una definizione identitaria chiara delle diverse professioni dello spettacolo. Dall’altro, al tempo stesso, il sindacato si fa garante dell’intero comparto della produzione culturale, proponendosi come soggetto che tiene insieme le fila. Stiamo lavorando a un manifesto che chiarisca proprio questa nostra funzione, che diventa cruciale soprattutto in questo momento. La Sezione Attori deve restare aperta e dialogare con le altre. Ciascuno ha le proprie specificità e competenze, ma tecnici, musicisti, attori, scrittori, devono essere insieme in questa lotta. Nel concreto, poi, tesserarsi alla Slc vuol dire ricevere un supporto costante sulle questioni fiscali, consulenza nei contenziosi, professionale, sociale e previdenziale, risposte a domande su quali siano i propri diritti e le forma di sostegno al reddito cui si può accedere. In questi anni siamo stati al fianco di molti attori e lavoratori dello spettacolo e li abbiamo aiutati ad ottenere il rispetto dei contratti firmati e condizioni di lavoro e di reddito migliori. Spesso ci è capitato di assistere lavoratori che chiedevano di ricevere il compenso pattuito, di fronte ad aziende che continuavano a sottrarsi al loro dovere.
Lei ha usato più volte una parola chiave, consapevolezza. La battuta d’arresto che stiamo vivendo in questa fase di emergenza ha fatto sì che gli stessi attori si sentissero pronti a prendere in mano una situazione di stallo.
Sì, è così. Stare fermi ha aiutato noi attori a fare rete, ad informarci, ad approfondire e capire meglio come (non) funziona l’attuale sistema e come deve esser cambiato, quali sono le tutele e i nostri diritti già garantiti e quali quelli da conquistare. In questi anni, il sindacato ha fatto numerosi corsi di formazione, creato momenti di informazione e di partecipazione. Per gli attori è difficile stare dietro alle questioni, perché quando si lavora si è assorbiti al cento per cento e ci si aliena dalla vita reale. C’è anche da dire che a volte, come sindacato, non siamo bravi a comunicare il grande lavoro che facciamo, ma ci stiamo adoperando anche per comunicare di più e meglio.
A questo proposito, forse non tutti sanno che esiste già un Ccnl degli scritturati, firmato nel 2018.
Il contratto nazionale della prosa è stato una grande conquista, anche perché abbiamo inserito un protocollo sul lavoro autonomo e sulle partite iva che rappresenta quasi un unicum nella contrattazione nazionale. È un precedente storico e una grande conquista che apre la strada agli attori e anche ad altre categorie di lavoratori. Voglio dire anche che negli ultimi anni è stato fatto un grande lavoro per cercare di mappare l’universo dei lavoratori dello spettacolo, per esempio attraverso la ricerca Vita da artisti, i cui dati sulle condizioni lavorative e reddituali sono sconfortanti. Quella ricerca è stata un’altra grande conquista per noi. L’abbiamo distribuito al tavolo con l'Agis, che rappresenta le imprese del settore, a cui mancava un documento di questo tipo. Per quanto riguarda l’audiovisivo, invece, c’è da fare un discorso a parte. Con l’Anica e con l’associazione delle produzioni televisive stiamo dialogando per il rinnovo del contratto per le troupe, ma quello per gli attori va creato dal nulla, non è mai esistito. Il dialogo è aperto, il tavolo c’è, ma si procede a rilento e c’è un muro da parte dei produttori.
Un altro aspetto su cui è fondamentale intervenire è quello della grande disinformazione, nell’opinione pubblica e a volte veicolata dalla stampa, sugli attori, ritenuti erroneamente dei privilegiati. Nei giorni scorsi sono stati aspramente criticati e definiti “i furbetti dello spettacolo” quei lavoratori che avevano richiesto l’indennità di 600 euro senza il requisito delle 30 giornate contributive. In realtà la questione è molto più complicata.
C’è molta disinformazione su come funzionano le cose e questa emergenza ha fatto esplodere il sistema rivelandone tutte le falle. Molti non sanno, infatti, che se un attore insegna recitazione (cosa che accade molto spesso) deve versare alla gestione separata Inps, non all’ex Enpals, quindi quei contributi non vengono considerati. Per chi lavora al cinema, una posa equivale a una sola giornata contributiva. Ma fare trenta pose è tantissimo e corrisponde a più di trenta giornate. I nostri contributi maturati all’estero, per esempio, verranno ricongiunti a quelli Inps ex Enpals solo quando prenderemo la pensione, se ci andrà bene e riusciremo a prenderla. La verità è che il Mibact conosce molto poco lo spettacolo, soprattutto quello dal vivo. Sono anni che chiediamo un tavolo congiunto con il Ministero del lavoro e con quello dell’economia.
Il sindacato aveva chiesto più coraggio e più attenzione specifica ai lavoratori dello spettacolo nei provvedimenti successivi al decreto di marzo. Invece continua a mancare un pacchetto di norme ad hoc sufficienti a supportare i lavoratori dello spettacolo,c he saranno tra gli ultimi a ripartire.
Sì, e noi lo dobbiamo chiedere a gran voce proprio perché saremo gli ultimi a ripartire, dunque abbiamo bisogno di tutele prolungate nel tempo. Mi lasci poi fare un cenno allo sconcerto provato ascoltando l’ultimo discorso del Presidente del consiglio: non ha mai nominato il teatro e il cinema. La situazione è drammatica in tutti i settori, ma noi siamo uguali a tutti gli altri. La nostra lotta però continua. Più siamo e più il sindacato è forte e rappresentativo.