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La lettura di questo Candido (La nave di Teseo, pp. 211, euro 18) capita nei giorni del primo sciopero dei lavoratori Amazon e di quello dello scorso 26 marzo dei rider. Forse non è un caso, dato che più dei contorni distopici, come alcuni si sono affrettati a scrivere, in molti tratti il libro ci racconta di un futuro talmente vicino da appartenere già alla stringente realtà.
L’autore è Guido Maria Brera, che nel 1999, non ancora trentenne, è tra i fondatori del Gruppo Kairos, azienda all’epoca nata come alternativa ai grandi player del settore del risparmio gestito, ora specializzata anche nello sviluppo di un “modello distintivo” basato sulla green economy. Ma il libro si compone di una scrittura a più voci grazie al contributo del collettivo “I Diavoli”, un laboratorio narrativo attivo nel web che mutua il suo nome da un altro lavoro letterario dello stesso Brera, in cui il mondo della finanza viene scrutato da un punto di osservazione certo privilegiato, e per questo critico in forma originale, al punto da ricavarne una serie televisiva molto seguita sulla piattaforma Sky.
In questo nuovo romanzo Candido è un giovane rider di 25 anni, ingenuo e colmo di ottimismo; si tratta però di un ottimismo pilotato, artificiale, provocato dal dominio tecnologico in un tempo post pandemico da parte dei grandi colossi del delivery, a beneficio dei quali vengono sacrificati uomini e città, divenute agglomerati urbani suddivisi nei quartieri degli “inclusi”, coloro che producono e godono dei benefici di questo sistema sociale, e i quartieri degli “esclusi”, che producono sempre di più ma di vantaggi nemmeno l’ombra, o soltanto quella: pedalare tutto il giorno non porta denaro ma qualche credito da utilizzare per generi di prima necessità, articolando in questo modo un circuito economico basato sul controllo della spesa oltre che dei cittadini, spesso costretti a ricorrere agli espedienti dell’economia sommersa, tollerata dal meccanismo Voltaire anche per costituire un ulteriore bacino d’estrazione di valore.
I rapporti umani sono così pressoché azzerati, e alla fine di una lunga giornata di consegne in bicicletta l’unico atto ricreativo concesso a Candido è il collegamento con Cunegonda, l’ideale di bellezza virtuale e inarrivabile, un amore condizionato dall’incolmabile distanza prodotta dall’immagine di uno schermo. Quello schermo dal quale chi se non Pangloss, in ogni angolo della città, appare per diffondere parole di fiducia e incitamento alla competizione, alla prestazione: il lavoratore deve pedalare sempre e comunque, perché è l’unico motore che conta per il misterioso algoritmo custodito tra le torri della Cittadella di Voltaire, dove tutto è sorvegliato.
Dall’estate alla primavera le cose per Candido cambiano, anzi è Candido a cambiare. Il suo ottimismo e le sue certezze cedono di fronte alla conoscenza della realtà, di realtà umane, fatte di carne e ossa, che ogni giorno combattono per sopravvivere, schiacciate da una logica tecnocapitalista che non ammette sosta e non concede alternative. Cunegonda sarà così Maddalena, anche se il confine tra reale e virtuale ormai coinvolge gli stessi esseri umani. Candido intraprende un percorso che lo porta alla presa di coscienza della propria e altrui condizione, ribaltando così la sua interpretazione dell’esistenza.
L’unica salvezza, malgrado tutto, sembra ancora una volta quella di unire le forze individuali per costruire insieme una nuova rivoluzione, i cui metodi di realizzazione sono quasi tutti da scoprire, di fronte a uno scenario per molti versi sconosciuto, dove il nemico è già compatto e più forte di prima, anche grazie alla frammentazione e al selvaggio sfruttamento del lavoro perpetrato negli ultimi trent’anni. Ma se nel Novecento, o già nel “Candide” di Voltaire, ci si poteva illudere che il raggiungimento del migliore dei mondi possibili potesse essere ottenuto lasciando sciolte le briglie di quello divenuto nel tempo il liberismo più sfrenato, in questi anni (ancor più in questo ultimo anno) ci siamo resi conto che qualcosa proprio non torna, e bisogna porvi rimedio.
Oltre quelle conclusive, tra le pagine di questa storia sono disseminati vari riferimenti in questo senso. Ne citiamo uno dalle parole di Maddalena pronunciate nella libreria di Martino, l’ultima rimasta nel cuore del quartiere degli esclusi:
“Ancora prima di Voltaire in città si cominciava a raccontare che questi lavori e questi consumi nella catena di montaggio del clic sono parte di un processo di automazione giunto alla fine del lavoro e della storia. Quando in realtà è sempre lavoro, svolto da esseri umani sfruttati da altri essere umani. E grazie a questo racconto hanno cominciato a togliere ogni tutela ai lavoratori, fingendo che fossimo tutti intermediari alla pari, piccole aziende in concorrenza l’uno con l’altro tra di noi. Ogni tipo di rapporto tra gli esseri umani è stato quindi regolato dal diritto privato e non più dal diritto pubblico, ogni relazione umana, nel libero mercato, è regolato da un unico e sacro principio, quello della concorrenza”.
Il crudo presente, più che distopia.