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Ieri la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge che modifica due articoli della Costituzione, il 9 e il 41, introducendo nella nostra Carta la tutela dell’ambiente. Il testo, passato alla seconda lettura alla Camera, era stato approvato dal Senato con la maggioranza dei due terzi lo scorso 3 novembre e adesso entra subito in vigore e non è sottoponibile a referendum.
Nell’articolo 9, in cui si precisa che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” è stato aggiunto che “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. L’articolo 41 dice che l’iniziativa economica è libera ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e adesso anche “alla salute, all’ambiente”.
Si tratta senza dubbio di modifiche storiche e decisive per la qualità della vita delle persone, che riconoscono l’importanza fondamentale della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi per la salute e la giustizia sociale, e che produrranno effetti anche per le future generazioni. Sarebbe stato meglio esplicitare anche il contrasto ai cambiamenti climatici, la grande emergenza di questo periodo, ma sono comunque modifiche che rispondono a un sentimento diffuso e alle mobilitazioni di massa degli ultimi anni che, promosse dal movimento dei Fridays for Future, hanno portato in piazza, anche nel nostro Paese, milioni di persone per rivendicare un radicale cambiamento e per criticare le scelte poco ambiziose dei governi di tutto il mondo nel contrastare il riscaldamento globale e accelerare una giusta transizione da un sistema come quello attuale che risponde al potere e ai profitti di pochi, a uno nuovo, equo e inclusivo che garantisca il benessere di tutti gli esseri viventi e del pianeta.
La Cgil è parte di questo movimento, ha partecipato attivamente alle manifestazioni, ha elaborato proposte e piattaforme che mettono al centro la piena occupazione stabile e di qualità in un modello di sviluppo sostenibile, attraverso la transizione ecologica e la decarbonizzazione di tutti i settori dell’economia, rivendicandone i contenuti nel confronto con il governo, le aziende e gli enti territoriali e nella contrattazione a tutti i livelli. Non possiamo che essere soddisfatti delle modifiche alla Costituzione.
Ora però serve uno scatto di coerenza fra i nuovi principi introdotti nella Carta fondamentale del nostro Paese e l’azione di governo, che purtroppo sta andando da tutt’altra parte: nessun intervento deciso per ridurre l’inquinamento dell’aria, nonostante che ogni anno in Italia più di 60mila morti premature siano attribuibili alle polveri sottili; per quanto riguarda le bonifiche dei siti contaminati, più di 16mila sono praticamente bloccate e non c’è ancora un piano di azione per l’adattamento al cambiamento climatico; nessuna politica industriale per lo sviluppo delle filiere necessarie alla transizione ecologica e politiche energetiche miopi che non sviluppano adeguatamente efficienza e rinnovabili, oltre ai 21,6 miliardi di euro spesi nel 2020 in sussidi pubblici ambientalmente dannosi. Concludendo, direi che manca un ruolo protagonista dello Stato che guidi e coordini la trasformazione affermando una giusta transizione per la tutela del lavoro e per la nuova occupazione.
Il momento di cambiare è adesso, le risorse del Pnrr e delle politiche di coesione, insieme alle risorse ordinarie dello Stato, ci offrono un’occasione irripetibile di investimento. Le politiche pubbliche devono guidare con coerenza e in modo integrato i nuovi principi introdotti nella Costituzione nelle azioni concrete. La Cgil continuerà a chiederlo con forza in tutti i tavoli con il governo, a partire da quelli previsti dal protocollo per la partecipazione e il confronto nell’ambito del Pnrr e del piano nazionale per gli investimenti complementari e in quelli del partenariato sui fondi strutturali europei. Non c’è tempo da perdere, non facciamoci sfuggire questa opportunità.
Simona Fabiani, Responsabile Ambiente e territorio della Cgil nazionale