Il 10 luglio 1976 è un caldo sabato estivo. Il reattore B dell’Icmesa, azienda chimica alle porte di Milano, smette di funzionare. Dalla fabbrica dei “profumi” fuoriesce una grande quantità di diossina che sospinta dal vento si sposta verso sud e colpisce Seveso e altre tre cittadine, Meda, Desio e Cesano Maderno. I dirigenti minimizzano l’accaduto, prendono tempo, tengono aperta la fabbrica, mentre il sindacato intuisce subito la gravità dell’incidente e si mobilita. L’allarme scatta otto giorni dopo, quando operai e delegati decidono di fermare la produzione e il sindaco di Meda ordina la chiusura dello stabilimento. Le immagini della moria di animali, dei volti dei bambini deturpati dalla cloracne, una dermatosi causata dall’esposizione al cloro, e degli abitanti evacuati, isolati e costretti a lasciare le loro case, fanno il giro del mondo.
Quello di Seveso è il più grave disastro ambientale che si sia verificato nel nostro Paese nel Dopoguerra. Negli anni si è scoperto che il veleno, che ha contaminato una vasta area, può causare tumori e gravi danni al sistema nervoso, a quello cardiocircolatorio, al fegato e ai reni. Inoltre riduce la fertilità e nelle donne incinte può provocare malformazioni al feto e aborti spontanei. La fabbrica fu successivamente demolita, alcune case rase al suolo, l’area su cui sorgevano completamente bonificata, il materiale contaminato sepolto sotto protezione in grandi vasche, sopra le quali sorge il Bosco delle querce, luogo simbolo del disastro.
Questa storia tipicamente italiana, conclusasi con lievi condanne penali, ha prodotto anche una nuova sensibilità in tema di rischi ambientali, che ha costretto a un ripensamento profondo del rapporto tra fabbrica e ambiente. E ha portato l’Europa a emanare una legislazione ad hoc in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali a partire dal 1982. Oggi, dopo 45 anni, questo disastro rappresenta ancora un monito e un insegnamento. E ci racconta l’urgenza di imboccare la strada della transizione e di una produzione sostenibile e rispettosa.