Cambiamento climatico, Green Deal, transizione ecologica, ripristino della biodiversità, prevenzione, conversione. Sulle questioni importanti che riguardano la tutela dell’ambiente nella manovra di bilancio 2025 non c’è niente, o quasi. Niente di sostanzioso, determinante, decisivo. E lì dove sono previsti interventi, si tratta di piccole azioni, senza un vero disegno, una strategia.

Giudizio negativo

“La Cgil ha espresso un giudizio gravemente negativo sulle scelte di politica economica fatte dal governo nella manovra 2025 – commenta Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil -: non prevede un solo provvedimento in grado di invertire il declino economico del Paese e la crescita anemica del Pil e, con i tagli lineari alla spesa pubblica e agli investimenti, peggiorerà la situazione comprimendo ancor di più la domanda interna e impedendo di mettere in campo una politica industriale all’altezza della sfida cruciale che abbiamo di fronte: la transizione digitale, energetica ed ecologica del nostro sistema produttivo”.

Passi indietro

Da segnalare passi indietro e definanziamenti. Lampante il caso del taglio di 4,6 miliardi di euro al fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive, che rischia così di implodere, e per il riconoscimento di incentivi all'acquisto di veicoli non inquinanti fino al 2030: meno 562 milioni quest’anno, e poi meno 812 milioni e rotti nei prossimi cinque. In compenso, vengono rifinanziate per circa 35 miliardi di euro fino al 2039 le spese militari, provvedimento che preannuncia la conversione della nostra in un’economia di guerra: 22,5 miliardi a favore del ministero della Difesa e 12,5 miliardi per il dicastero delle Imprese e del made in Italy.

Senza bussola

Per il resto, si saltella da una cosa all’altra, da un intervento all’altro senza una bussola e senza una ratio. Qualche esempio? Il provvedimento sul credito di imposta, che rischia di finanziare tanti piccoli progetti, ottenendo scarsi risultati in termini di innovazione, autoproduzione dalle fonti rinnovabili, riduzione dei consumi energetici e creazione di nuova e buona occupazione (il tema è il fondo “Transizione 5.0”).

O il fondo che vuole sostenere le imprese dell’indotto dell’Ilva, che può essere valutato in modo positivo; per garantire il futuro della produzione a Taranto, però, è necessario investire per accelerare la decarbonizzazione dell’acciaieria. Nel frattempo bisognerà aspettare la pubblicazione del decreto per valutare la tutela dei dipendenti oltre che delle imprese dell’indotto.

Ancora bus inquinanti

E che dire delle risorse stanziate per il rinnovo del parco degli autobus cittadini, nell’ambito del piano della mobilità sostenibile? Viene previsto che si possa usare una quota per acquistare mezzi extraurbani alimentati con diesel o con sistema ibrido, quindi con fonti fossili. Alla faccia del potenziamento della mobilità elettrica, dell’obiettivo di ridurre le emissioni, della transizione ecologica.

Sostegno alla transizione

“Confermiamo la necessità di definire politiche di giusta transizione – scrive la Cgil nella nota di commento alla legge di bilancio -, da mettere a punto con la contrattazione con le parti sociali e un percorso partecipativo, politiche industriali, fiscali e ricerca e sviluppo tecnologico per la transizione ecologica; di adeguare le risorse pubbliche per il sostegno alla transizione, a partire da una riforma fiscale in senso ambientale e l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi; vanno sostenuti i progetti che mirano a ottenere il miglior risultato possibile in termini di decarbonizzazione e autoproduzione da fonti rinnovabili, le innovazioni più performanti, l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili, l’elettrificazione del calore industriale a bassa temperatura”.