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“Sotto le ruote dei trattori non devono finire le politiche green dell’Europa”, avverte il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni. “Le proteste di questi giorni sono un giustificato grido d’allarme per un settore in difficoltà, sia per motivi strutturali che congiunturali – aggiunge –. Le produzioni agricole di qualità devono essere maggiormente tutelate, così come devono essere tutelati i lavoratori e le lavoratrici dei campi, spesso sfruttati. L’attuale modello di produzione agricola è insostenibile dal punto di vista etico e ambientale, ma anche da quello prettamente economico, e le proteste ce lo confermano. Mantenere uno status quo che permetta alle aziende agricole di sopravvivere nel breve periodo, non è la risposta adeguata a questa fase di transizione climatico-ambientale che ci pone davanti al rischio concreto di una crisi irreversibile del nostro ecosistema agricolo. E questo non può essere terreno di campagna elettorale in vista delle elezioni continentali di giugno, con le consuete strumentalizzazioni che per giunta coinvolgono i partiti di maggioranza del governo Meloni”.
“Sorprende – aggiunge amaramente – che le proteste dei trattori siano in qualche modo giustificate se non sostenute dall’esecutivo, mentre poche settimane fa i lavoratori di Cgil e Uil che esercitavano il loro diritto di sciopero siano stati subito precettati”.
“Il minimo comune denominatore delle proteste sembrerebbe la critica all’agenda verde dell’Unione e alle politiche agricole europee – sottolinea Mininni –, in realtà le rivendicazioni sono molto diverse fra loro e riguardano problemi non risolti dalla politica, finiti da anni sotto il tappeto come la polvere. In Italia vengono contestate soprattutto le politiche agricole del Green Deal, gli accordi commerciali internazionali, posizione peraltro condivisa anche dalla nostra organizzazione sindacale che ha preso posizione contro il TTIP e l’accordo Mercosur, le misure della nuova PAC che mettono limiti all’agricoltura intensiva prevedendo la messa a riposo del 4% dei terreni a seminativo. Poi ci sono richieste anche di natura fiscale, che riguardano un nuovo azzeramento dell’IRPEF-IMU agricola e la conferma, anche dopo il 2026, del regime di agevolazione sui carburanti agricoli”.
Per il segretario generale della Flai, “la mancanza di politiche di indirizzo organiche ha provocato un’evoluzione disarticolata e incoerente del modello agricolo. Da una parte ci sono quelle aziende che hanno scelto di puntare sulla qualità dei prodotti e del lavoro, cogliendo anche la sfida – ineluttabile – di produrre cibo in maniera sostenibile per l’ambiente e, dall’altra, quelle che preferiscono competere attraverso i vecchi paradigmi dell’agricoltura intensiva, magari usufruendo in maniera sostanziale degli aiuti economici previsti dalla stessa PAC. In tutto ciò, l’approccio iperliberista e la deregolamentazione dei mercati hanno fatto sì che il valore della produzione agricola sia rimasto schiacciato nella dinamica della filiera, soprattutto a discapito dei costi della grande distribuzione organizzata, così come delle fluttuazioni delle commodities e delle ormai consuete speculazioni sulle materie prime, rendendo il settore economicamente sostenibile solo se sovvenzionato attraverso incentivi o sussidi. Siamo dell’idea che il ‘sistema cibo’ non debba essere oggetto di alcuna forma speculativa. Peraltro – conclude Mininni – non va sottovalutata la dimensione di chi ha individuato nello sfruttamento indiscriminato del suolo e degli stessi lavoratori, nel caporalato, la risposta per mantenere alti i propri profitti generando, in questo modo, una competizione sleale tra le imprese e alimentando un sistema in cui l’irregolarità è troppo spesso diventata la norma”.