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“A Dubai? Si arriverà solo a risultati di facciata. Certo, si è costituito il fondo per riparare i danni, il famoso Loss&Damage. Ma quanto ci hanno messo dentro? Cento milioni di dollari. Poco, molto poco. Forse si farà qualche passo ma piccolo, molto piccolo”.
Mario Tozzi, geologo, ricercatore del Cnr, divulgatore scientifico, non ha dubbi sul fatto che la conferenza Onu sui cambiamenti climatici che si sta svolgendo nella capitale degli Emirati Arabi, fino al 12 dicembre, sarà un fallimento.
Perché è così pessimista, Tozzi?
La conferenza parte da presupposti sbagliati, c’è troppa ambiguità, non si vogliono affrontare le vere cause della crisi. Dopo aver detto che la situazione è molto più grave di quella che pensavamo che cosa faremo? Dicono che agiremo, procrastinando ogni volta di più, sempre dopo, a partire dal 2049. Faremo le solite cose, cose che abbiamo sentito mille volte, il tutto ammantato da una faccia digeribile. E invece servirebbero soluzioni radicali, quelle che gli scienziati indicano da anni.
Quali sono?
Bisognerebbe prendere provvedimenti strutturali, obbligatori e tempestivi, e non più negoziabili. Basterebbe un’azione. Che ne so, togliere i sussidi pubblici alle compagnie gaspetrocarboniere: stiamo parlando di 7 trilioni di dollari all’anno secondo il Fondo monetario internazionale. Eliminare almeno quelli sarebbe già un passo. Oppure dire basta alle nuove trivellazioni, da subito, da domani. Questo significherebbe agire davvero sulle cause del riscaldamento globale, non piantare nuovi alberi o altre azioni del genere. Occorre mettere alle strette i produttori di petrodollari. Ma se vai a Dubai, a casa di Lucifero, e pensi di non contaminarti…
Quindi la speranza di cambiare rotta è vana e la previsione di non aumentare la temperatura media del Pianeta più di 1,5°C è illusoria?
Dal G20 di Roma del 2021 l’allora presidente del consiglio Draghi uscì dicendo: ci manterremo entro il tetto di 1,5°C di riscaldamento globale, si firmò l’accordo, ma già si sapeva che non era così. Nonostante le dichiarazioni fatte nelle sedi ufficiali e nei meeting internazionali, è chiaro che di questo passo non ce la faremo. 1,5°C è già un punto di non ritorno, il limite dei 2 gradi non si dovrebbe superare mai. E anche parlare di mitigazione è inutile, perché dobbiamo azzerare le cause. Se l’aumento della temperatura sarà di 2,7-2,9°C, valore che gli scienziati considerano portatore di conseguenze irreversibili per gli ecosistemi e la biologia dei viventi, non servirà a niente mitigare, dato che gli effetti saranno molto più grandi e le contromisure messe in campo insufficienti.
Da quello che ci dice, i negoziati alla conferenza di Dubai sembrano inutili, una presa in giro.
È così. Lo dicono gli scienziati: devi agire sulle cause, devi lasciare sottoterra il 90 per cento del carbone, non devi fare più buchi, il vero nodo è quello. Basta nuovi giacimenti. Ma continuano a farli, non si fermano. Bisogna mettere questo settore nella condizione di non nuocere più, di riconvertirlo. È l’industria estrattiva che deve pagare questa crisi, non noi. Non sono nemmeno sicuro che siano tutti in buona fede, che ci sia qualcuno che ci crede veramente, altrimenti qualche risultato concreto lo avremmo ottenuto. Oggi è uscito il dato per cui nell’ultimo anno tra tutti i leader europei non ce n’è stato uno che abbia parlato di clima. L’Europa forse è l’unica che sta davvero giocando una partita.