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Nel Piano Mattei presentato giorni fa in pompa magna dall’esecutivo il vero protagonista è il gas, anche se non è esplicitamente nominato, e non le rinnovabili. Non hanno dubbi le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club che puntano il dito contro l’unico vero obiettivo del progetto governativo: trasformare l'Italia in un hub del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando quindi la dipendenza energetica del Paese.
“A parole si citano le rinnovabili, ma in realtà il Piano, i cui dettagli nessuno conosce, nasce dall’esigenza di allargare il novero degli approvvigionamenti – afferma Mariagrazia Midulla, responsabile energia e clima di Wwf Italia - . In pratica, si cerca di favorire anche attraverso la cooperazione, e cioè progetti che riguardano tutt’altro, l’attività di compagnie oil&gas, Eni in testa. Sugli interventi da realizzare sul versante delle fonti alternative, invece, ci sono elementi molto fumosi, a differenza dei programmi dell’Eni, di cui ha parlato con precisione il suo amministratore delegato De Scalzi”.
Una scelta insensata e anacronistica che sa di neocolonialismo, sottolineano le associazioni. Mentre alla Cop di Dubai, l’ultima conferenza Onu sui cambiamenti climatici, si è sancito l’impegno a una “transition away from fossil fuels”, transizione fuori dal combustibili fossili, il Piano rischia seriamente di compromettere gli impegni per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Sebbene il nostro Paese abbia le carte in regola per diventare l'hub delle energie rinnovabili investendo su fonti pulite, efficienza, reti e accumuli, non sembra questo l’attuale obiettivo del governo. Il Pniec, Piano integrato per l’energia e il clima che è in fase di revisione perché l’Europa ha portato l’obiettivo di riduzione delle emissioni dal 40 al 55 per cento entro il 2030, non è assolutamente in linea con i target comunitari. Anzi.
“Punta al gas con nuovi rigassificatori di cui non se ne sente proprio il bisogno - riprende Midulla -. Le navi di Piombino e Ravenna hanno finora lavorato a scartamento ridotto e non sono state per niente decisive per superare la crisi energetica dello scorso anno. L’unica cosa concreta che abbiamo è il fase-out dal carbone ma non si sta tenendo sotto controllo la questione, specie in Sardegna su cui chiediamo rassicurazione sui cavi di connessione con la Sicilia”.
La dimostrazione che il governo si sta concentrando sulla costruzione di nuove infrastrutture strategiche soprattutto per il gas arriva dai numeri: secondo l’ultimo report Legambiente nel 2022 i sussidi alle fonti fossili sono più che raddoppiati arrivando a quota 94,8 miliardi euro, con i decreti per l’emergenza bollette.
Un altro aspetto importante riguarda le cosiddette materie prime critiche, dalla barite al magnesio, dalle terre rare al tungsteno, materiali non alimentari e non energetici di importanza strategica per l’economia e per la transizione ecologica, ma caratterizzati da un alto rischio nelle forniture. Turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie richiedono una grande quantità di minerali e metalli, con una domanda prevista in continua crescita nei prossimi anni.
“Il Piano non fa il minimo cenno a queste materie critiche, sulle quali al momento c’è solo una direttiva comunitaria in fase di trilogo, che dovrebbe entrare in vigore a breve dettando una serie di regole – conclude Midulla -. Innanzitutto dice che dovremmo usare le materie che già abbiamo, promuovendo quindi una vera economia circolare che non vuol dire soltanto gestire bene i rifiuti. Chissà quanti tesori sono sepolti nelle nostre discariche, nei pc, nei telefonini, nei tablet. Ma oltre ai criteri ecologici ci sono anche i diritti umani che vanno rispettati. Ci sono problemi enormi legati all’estrazione, nelle miniere viene usata manodopera minorile, non si rispettano le più basilari norme di sicurezza. Ecco, tutto questo, sviluppo sostenibile, diritti sociali, dell’ambiente e dell’equità, nel piano Mattei è assente”.