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Biodiversità, protezione del capitale naturale e ripristino degli ecosistemi, uso efficiente delle risorse ed economia circolare, finanza verde. Sono i tre temi al centro del G20 “Ambiente, clima ed energia”, la riunione dei ministri dell'Ambiente dei 20 grandi Paesi che si sta svolgendo a Napoli sotto la presidenza italiana. Due giorni di incontri, il 22 e 23 luglio a Palazzo Reale, con l’obiettivo ambizioso di gettare le basi per un futuro migliore e sostenibile, che coniughi la difesa del pianeta con la spinta verso la crescita e il progresso. A questo appuntamento ministeriale spetta infatti il compito di esprimere una dichiarazione finale che sarà la sintesi di lunghi mesi di incontri, confronti e discussioni tra le delegazioni e i tecnici internazionali.
“Agli obiettivi ambiziosi che sono stati enunciati da più parti devono seguire scelte concrete – afferma Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil -. Non basta evocare la transizione, occorre pensare e tracciare una strategia che consenta di arrivare al 2030 tutelando il lavoro e creandone di nuovo, che sia di qualità. È questo il punto. Il 2021 è un anno denso di iniziative internazionali su questi temi e il G20 di Napoli è solo uno degli appuntamenti che vede l’Italia in prima linea”. Il nostro Paese infatti è partner del Regno Unito nell’organizzazione della Conferenza delle parti sulla Convenzione Onu sul cambiamento climatico, la COP26, che si terrà a Glasgow, mentre Milano tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre ospiterà due eventi internazionali di preparazione, la Cop Giovani Youth4Climate e la Pre-Cop.
“Come ha dichiarato l’inviato speciale del presidente Usa Joe Biden per il clima, John Kerry, prima dell’incontro di Napoli, siamo di fronte al più grande cambiamento dai tempi della rivoluzione industriale. Ma questo cambiamento non si può lasciare al caso o al mercato, perché si rischia di produrre disuguaglianze: passaggi epocali come quelli che stiamo per vivere possono avere effetti micidiali. È per questo che non si possono affrontare senza una visione, una prospettiva e idee per il Paese”. Che ci troviamo in una fase nuova è quindi assodato, così come il fatto che abbiamo le risorse per sostenerla, grazie al Next Generation e al Recovery Plan. Ma perché la rivoluzione della transizione verde si possa attuare bisogna tenere due punti fermi.
“La riconversione deve essere accompagnata da una giusta transizione per il lavoro – precisa Fracassi -. Se non teniamo insieme transizione ecologica, giustizia sociale e tutela del lavoro stiamo facendo un grave errore. Questo significa mettere in campo una pluralità di strumenti per affrontare il percorso. Inoltre, il cambiamento del modello di sviluppo deve essere governato e indirizzato da un ruolo forte dello Stato. Non c’è conversione verde senza un quadro regolato da politiche industriali che ridefiniscano prodotti, processi e specializzazioni produttive. Specie nel nostro Paese”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza indica alcune di queste linee guida, ma ancora non basta: manca la matrice principale, sostiene la sindacalista, quella della politica industriale che sia coerente sul versante dello sviluppo.
Questo G20, il vertice e gli appuntamenti ministeriali che lo precedono, si deve confrontare con un pianeta alle prese con la pandemia da Covid-19 e con i danni profondi che questa ha causato, che hanno inciso negativamente sui sistemi sanitari, sugli indici di povertà e sull’andamento dell’economia globale, mostrando che in questa epoca i problemi locali possono rapidamente trasformarsi in sfide globali. Sul fronte dell’ambiente l’Europa, che oggi è responsabile del 10 per cento delle emissioni di anidride carbonica, può incidere positivamente sull’evoluzione del clima solo se può contare sull’effetto trascinamento del suo esempio. E un ipotetico fronte comune Ue-Usa, ora che la prospettiva è cambiata con il binomio Biden-Kerry, potrebbe porre obiettivi davvero ambiziosi.
“Da un punto di vista geopolitico gli assetti stanno cambiando radicalmente – spiega la vicesegretaria generale della Cgil -. Il mutamento politico che si è verificato negli Stati Uniti è un fatto molto importante. La presidenza Trump ha determinato un rallentamento mentre oggi sul rapporto con gli Stati Uniti l’Europa prova a giocarsi un pezzo di competitività. Se si riuscirà ad arrivare a un percorso comune lo vedremo nel G20, durante il quale si gioca la partita ambientale ma anche quella altrettanto rilevante delle scelte fiscali. L’Europa sta facendo interventi molto importanti, e anche controversi, come il piano di decarbonizzazione ‘Fit for 55’ approvato dalla Commissione europea, che però è ancora tutto da verificare, che è una scelta molto avanzata. Ma attenzione: definire quegli obiettivi non può significare scaricare sui lavoratori e sui cittadini il costo di quelle scelte”.
Con il pacchetto “Fit for 55” l’Unione intende passare dalla teoria alla pratica, cioè rendere le politiche in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità adatte a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Un salto necessario per raggiungere l’obiettivo fissato dagli Accordi di Parigi sul clima del 2015 di fermare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. “Le proposte devono ancora essere discusse ed elaborate e il dibattito c’è – conclude Fracassi -. ‘Fit for 55’ indica una direzione confermando quella tracciata dal Green Deal del 2019 e facendo un’accelerazione su alcune misure. La partita può avere senso solo se accompagnata da forti politiche di sostegno sociale, altrimenti corriamo grandi rischi, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, e da politiche industriali che indichino la traiettoria. Ma su questo siamo molto indietro”.