Oggi dovrebbe essere l’ultimo giorno di negoziati alla Cop29 di Baku, ma non sappiamo ancora come potrà concludersi questa conferenza. Nelle due settimane i negoziati sono andati avanti su diversi testi tecnici ma l’ultimo giorno sembra di essere al punto di partenza.

Trilione più, trilione meno

La questione centrale del summit, il meccanismo finanziario Ncqg, ancora non ha un testo di mediazione. Le distanze fra le parti sono enormi. Da un lato la richiesta dei Paesi più poveri e in via di sviluppo a quelli ricchi di pagare trilioni di dollari, provenienti dalla finanza pubblica, in donazioni e non prestiti, dall’altro lato i Paesi ricchi che non vogliono mettere sul tavolo una cifra, tanto meno espressa in trilioni, e che pensano soprattutto alla finanza privata per investimenti nella mitigazione.

Il Nord blocca il Sud

Il Nord globale blocca la giustizia climatica, rifiutandosi di pagare per le proprie responsabilità e di mitigare le proprie emissioni nella misura e nei tempi necessari. Non hanno l’ambizione e la volontà politica di sbloccare la finanza per il clima. Non vogliono prendere impegni per 1,3 trilioni di dollari all’anno per l’azione climatica, quello che chiedono i paesi del G77 anche se le necessità stimate superano i 5 trilioni di dollari. Nel frattempo nel 2023 sono stati spesi 2,44 trilioni per la spesa militare globale e 7 trilioni per i sussidi alle fonti fossili. È una vergogna inaccettabile.

Giusta transizione cercasi

Anche il testo sul programma di lavoro per la giusta transizione è fermo e non ha ancora un testo di mediazione. Nell’ultima sessione dei negoziati le parti hanno riaffermato le proprie posizioni senza nessun progresso. I Paesi del Sud del mondo contestano il fatto che il riferimento alle responsabilità comuni ma differenziate sia solo nel preambolo. Dall’altra parte gli Usa hanno chiesto di togliere dal testo il riferimento al diritto allo sviluppo e a un ambiente pulito.

Sullo stallo dei negoziati sulla giusta transizione tutto il movimento per la giustizia climatica, qui a Baku, è uscito con questo comunicato: “Le parti che leggono le liste dei loro desideri, in quella che dovrebbe essere l’ultima notte di negoziati, non può essere chiamato negoziato. Quando anche il diritto allo sviluppo viene negato, allora non c’è una comune comprensione della giusta transizione, né la volontà di progredire nella sua urgente attuazione. La colpa è di tutte le parti e soprattutto della presidenza. Miliardi di lavoratori, le loro famiglie e le comunità che devono affrontare le difficoltà e i rischi del cambiamento climatico saranno lasciati indietro senza alcuna prospettiva che esca da Baku”.

Alzare la voce

Aspettando un nuovo testo, che forse arriverà alle 12 ora di Baku, o forse no, il messaggio che arriva forte da questa conferenza è che, in preparazione della prossima Cop di Belem ma anche per lottare contro un governo italiano regressivo, pro fossile e ostinatamente assente sul versante della giusta transizione, dobbiamo rafforzare la mobilitazione del movimento per la giustizia climatica per una giusta transizione, i diritti, la pace e il lavoro, e aumentare la pressione sui decisori politici.