A lavori della Cop fermi, a Baku si è tenuta la riunione strategica della Ituc, l’International Trade Union Confederation, durante la quale è intervenuto anche il segretario generale Luc Triangle, che ha sottolineato l’importanza del concetto di giusta transizione per il movimento sindacale, un principio che tiene insieme azione climatica e tutela dei lavoratori.

Lavori alternativi

Non è facile coniugare questi due aspetti, e per farlo è essenziale rivendicare la creazione di lavori alternativi a quelli legati alle fonti fossili nelle stesse regioni, per garantire occupazione ai lavoratori in transizione e un futuro economico e occupazionale alle comunità. Serve un ruolo forte dello Stato, partecipazione democratica e contrattazione per governare una giusta transizione. La finanza climatica è indispensabile perché altrimenti i Paesi del Sud del mondo non potranno realizzare una transizione giusta ed equa: perché lo sia, si deve realizzare a livello globale e senza che nessuno venga lasciato indietro.

La Conferenza delle parti che si sta svolgendo a Baku è molto importante perché è focalizzata proprio sulla finanza. Il prossimo anno si parlerà di azione climatica e non possiamo pensare a un’azione ambiziosa se non riusciamo prima a risolvere la questione della finanza per il clima. I Paesi del Nord globale devono pagare per le loro responsabilità storiche, servono 5 trilioni di dollari all’anno, non bilioni, trilioni.

Una nuova finanza

La finanza del nuovo meccanismo Ncqg, deve essere nuova, addizionale, non creare debito, deve essere adeguata e gestita in modo trasparente e democratico, deve sostenere investimenti per mitigazione, adattamento e costi per perdite e danni, deve sostenere progetti per espandere il ruolo del pubblico nel contrasto alla povertà energetica, la produzione e le infrastrutture per le energie rinnovabili, la tutela e il ripristino ambientale, non deve finanziare progetti speculativi finalizzati allo sfruttamento, al colonialismo e ai profitti.

Tavoli fermi

La riunione strategica ha fatto il punto sui negoziati della prima settimana della conferenza. Le cose non stanno andando bene, molti tavoli sono fermi, molte questioni importanti rinviate ai negoziati intermedi di giugno a Bonn, su altre questioni si riparte a discutere nella seconda settimana ma senza un testo condiviso.

Non che ci siano grandi aspettative con la presidenza ancora affidata a un petrolstato che silenzia le voci di dissenso, con le polarizzazioni geopolitiche, le guerre in corso, la crisi democratica, l’avanzamento delle destre a livello globale.

L’azione climatica al primo posto

Le negoziazioni vanno avanti in modo stanco su tanti tavoli distinti: il nuovo meccanismo per la finanza per il clima, il programma di lavoro per la giusta transizione, l’articolo 6, il programma di lavoro per la mitigazione, il globale stocktake, l’adattamento, cambiamento climatico e genere, e così via.

Sono discussioni separate e infarcite di troppi tecnicismi su una questione, l’azione climatica, che andrebbe invece affrontata in modo integrato e olistico tenendo conto della complessità e delle interconnessioni con tante altre questioni: la rimozione delle disuguaglianze, la pace, il superamento di ogni forma di sfruttamento, colonialismo e discriminazione, un radicale cambiamento di sistema che metta in discussione in profondità il neoliberismo, la crescita infinita in un Pianeta con risorse limitate e la necessità di ripartire in modo equo le risorse e la ricchezza, l’equità di genere, generazionale e territoriale, il rispetto dei diritti umani e del lavoro, la piena e buona occupazione.

Distanze tra le parti

Sono ancora troppe e profonde le distanze fra le parti. Uno dei punti di disaccordo è l’implementazione della mitigazione e del global stocktake approvato nella conferenza di Dubai: per alcuni quel testo, per quanto ancora debole, dovrebbe essere ignorato. Restano le divisioni fra Nord e Sud del mondo sulla finanza e sulla giusta transizione, con i Paesi di quest’ultimo schieramento che mettono in guardia dalle conseguenze drammatiche dell’inazione e richiamano quelli del Nord globale ad assumersi le proprie responsabilità storiche e agire per una maggiore cooperazione internazionale. Oggi si ricomincia.